Marco Cappato continua la sua battaglia per il riconoscimento del diritto al suicidio assistito e dopo aver seguito la signora Elena in Svizzera ha deciso di autodenunciarsi al comando dei Carabinieri. Il tesoriere della Fondazione Luca Coscioni ha difatti lasciato la caserma di via Fosse Ardeatine a Milano qualche ora fa dove si era indirizzato questa mattina.

Poco prima del suo ingresso in caserma, Cappato aveva dichiarato:

Oggi mi reco alla caserma dei carabinieri per raccontare l’aiuto fornito a Elena, senza cui non sarebbe stato possibile arrivare in Svizzera. E spiegherò ai Carabinieri che per le prossime persone che ce lo chiederanno, se saremo nelle condizioni di farlo, aiuteremo anche loro. Sarà poi compito della giustizia stabilire se questo è un reato o se c’è la reiterazione del reato. O se c’è discriminazione come noi riteniamo tra malati.

Una presa di posizione forte che nasce anche in virtù delle incongruenze legislative che cambiano i provvedimenti a seconda dei singoli casi di malati. Facendo un parallelismo con quanto accaduto per Federico Carboni, Marco Cappato ha spiegato:

A noi come associazione Luca Coscioni pare evidente che c’è una discriminazione costituzionale tra malati. È un trattamento discriminatorio contro un certo tipo di malati rispetto ad altri, che faticherei a definire privilegiati, ma che almeno hanno questa faticosa, tenue, possibilità di ridurre le proprie sofferenze nella fase terminale della loro vita.

Marco Cappato sulla possibilità di finire in carcere

Naturalmente, le intenzioni nobili di Cappato rappresentano comunque un reato dal punto di vista legale ed è per questo che il rischio di 12 anni di carcere è serio. Nonostante tutto, questa circostanza non sembra spaventarlo anche in virtù del precedente di DJ Fabo oltre al fatto che per il presidente dell’associazione Luca Coscioni si tratta di una vera e propria missione sociale.

Ecco il suo commento a riguardo:

Con Fabo è stata aperta una strada che riguarda migliaia di persone. Il nostro obbiettivo non è lo scontro o il vittimismo o il martirio. Siamo qui con la speranza che le aule di Tribunale possano riconoscere un diritto fondamentale, sapendo che c’è anche la possibilità del carcere.

Tornando al tema politico, Cappato ha lanciato un’ultima invettiva contro il governo che da troppo non ha accolte le sue richieste:

Non c’è stata alcuna risposta da parte del Parlamento, della politica, dei capi dei grandi partiti. In queste ultime due legislature non è mai stata discussa nemmeno un minuto la nostra legge di iniziativa popolare presentata 9 anni fa. Ora siamo arrivati a questa situazione che di fronte alla richiesta di Elena, potevamo girarci dall’altra parte o darle l’aiuto che cercava, alla luce del sole e assumendoci totalmente la responsabilità di questo.

È dunque l’ennesimo episodio che pone l’accento su un tema estremamente sensibile sul quale prima o poi servirà una netta posizione da parte dello Stato. Nel frattempo, Marco Cappato continua la sua lotta con il pieno sostegno di tutti coloro che affrontano un percorso di morte così delicato, in attesa di risposte dagli organi di competenza.