L’omicidio dell’ambulante di Civitanova Marche ha suscitato numerose critiche nei confronti di chi era presente e ha ripresa la scena del delitto senza intervenire. “Ma come ci siamo ridotti? Nessuno ha aiutato un uomo mentre veniva ammazzato, ma in tanti hanno fatto dei video. Come se fossero al cinema”. Uno di coloro che erano sul posto prova a difendersi: “Basta, smettetela di dire che nessuno è intervenuto per salvare Alika, smettetela di accusarci di indifferenza, io c’ero mentre quell’energumeno uccideva Alika, ho provato a fermarlo, non ci sono riuscito, però ho chiamato la polizia e l’ho fatto arrestare”. C’è chi dice: “Ero sul posto ma non sono addestrato, avrebbe ucciso anche me”. Un altro, che commenta da lontano, risponde: “Dunque, se vedete un aggressione non intervenite perché non addestrati, se coinvolti in un incidente non vi fermate perché non siete medici, se al mare uno affoga non lo salvate perché non siete nuotatori. In compenso mi sembra di capire che siete tutti bravi nel filmare. O no”. Tutti Fellini, tutti registi perché si riprende con il telefonino addirittura un omicidio, in questo caso, o risse ma non si interviene. Non è la prima volta che succede e temo che non sarà l’ultima.

Quando si corre troppo è inevitabile tornare indietro

Gli addetti lavori parlano di patologie digitali che sembrano essere sempre più diffuse. E’ possibile tornare indietro in un mondo che corre a velocità supersonica? A questa domanda prova a dare una risposta lo psicologo Stefano Bartoli sulla rivista Espansione. Dice: “Ogni sistema quando supera e va all’eccesso produce l’opposto. Quindi nell’epoca della super-digitalizzazione dove i processi comunicativi sono iper rapidi con facile accesso vi sarà sempre più una ricerca ed un bisogno del contatto più relazionalmente qualitativo. La costruzione di un rapporto improntato alla qualità che porterà ad avere relazioni e collaborazioni più solide rispetto a un rapporto costruito sulla rapidità in cui viene a mancare la solidità sarà la chiave di volta nel prossimo futuro”. E forse, a quel punto, quando vedremo un uomo massacrato in strada ci butteremo sull’energumeno per provare a salvare la vittima.

Stefano Bisi