È la notte fra il 4 e il 5 agosto del 1962 quando Marilyn Monroe decide di mettere fine alla sua vita ingerendo una dose letale di farmaci. Sono passati 60 anni e il mondo non ha smesso di ricordare la diva, entrata nell’immaginario collettivo come icona di bellezza e sensualità.

Un’anima fragile nascosta dietro il volto di Hollywood

Marilyn Monroe nasce il 19 giugno 1926 a Los Angeles con il nome di Norma Jeane Baker Mortenson. La madre è affetta da gravi disturbi mentali e viene spesso ricoverata in ospedali psichiatrici. Questo costringe Norma a un’infanzia travagliata, passata tra una famiglia adottiva e l’altra. La sua carriera inizia per caso, come modella per una rivista fotografica: aveva trovato lavoro presso un’industria areonautica produttrice di paracaduti, quando il fotografo David Conover, impegnato a documentare il lavoro femminile nel periodo bellico, la nota, convincendola ad intraprendere il percorso da top model. La giovane inizia così a posare per André De Dienes, fin quando le sue foto non vengono notate dalla Fox, che le apre le porte di Hollywood. A vent’anni, nel 1946, il primo contratto e il nome d’arte: Marilyn Monroe, dal cognome nubile della madre e il nome di Marilyn Miller. È una svolta radicale.

Marilyn affina le sue doti recitative prima di essere ingaggiata per importanti film, tra cui gli iconici “Come sposare un milionario“, “Gli uomini preferiscono le bionde” e “Niagara“, tutti del 1953, con i quali si conferma come una delle star più amate del tempo. Seguono altri clamorosi successi come “La magnifica preda” del 1954, “Quando una moglie è in vacanza” dell’anno successivo, la pellicola in cui Marilyn viene ripresa nella famosa scena in cui la gonna del suo vestito bianco viene sollevata dal passaggio di un treno della metropolitana, e “A qualcuno piace caldo” del 1959. Sono gli anni della sua consacrazione a livello internazionale, ma anche gli anni delle difficoltà. Di lei Anna Freud, psicoanalista dell’attrice, scrive al termine di una seduta di quel periodo:

Emotivamente instabile, fortemente impulsiva, bisognosa di continue approvazioni da parte del mondo esterno; non sopporta la solitudine, tende a deprimersi davanti ai rifiuti; paranoide con tratti schizofrenici.

Sono i primi segni di una possibile caduta, causati dalle instabili storie d’amore vissute da Marilyn, ma anche da un disagio più radicato: quel bisogno di continua accettazione da parte dell’esterno, che continua ad apprezzarla per la sua bellezza e leggerezza, più che per le sue doti recitative, le gravano sul petto. Successive diagnosi sulle sue cartelle cliniche, miste a racconti e confessione di chi la conobbe, rimandano a una donna dipendente da alcol e sostanze, fobica, sospettosa, paranoica, emotivamente instabile. Uno dei suoi tre mariti, Arthur Miller, dirà:

Indossava una gonna beige e una camicetta di seta bianca e aveva i capelli sciolti sulle spalle, con la riga a destra, e guardarla dava come una specie di dolore. Allora capii che dovevo fuggire o affrontare un destino inconoscibile. Malgrado la sua bellezza era circondata da una tenebra che mi turbava…

Marilyn Monroe, 60 anni fa il tragico epilogo

E alla fine la caduta arriva, inesorabile, nella notte fra il 4 e il 5 agosto del 1962. Marilyn Monroe ha solo 36 anni quando viene trovata morta nella camera da letto della sua casa di Los Angeles. Il cadavere, privo di vestiti e con in mano la cornetta del telefono, viene scoperto dal suo medico psichiatra, chiamato urgentemente da Eunice Murray, governante e amica dell’attrice, preoccupata di non riuscire a entrare nell’abitazione: la porta era stata chiusa dall’interno. Dai successivi esami dall’autopsia viene rivelato che il decesso è stato causato, probabilmente, da un’overdose di barbiturici. Si sarebbe quindi trattato di un suicidio per la diva, che nello stesso anno ispirerà la famosa opera di Andy Warhol, assumendo nell’immaginario collettivo quell’alone di mistero e fascinazione che, ancora oggi, a 60 anni dalla morte, continua ad avvolgerla.