Gli Usa devono fronteggiare un duplice pericolo nelle relazioni internazionali: da un lato Taiwan, in cui è giornata chiave per la visita di Nancy Pelosi, dall’altro l’Iran e le sanzioni economiche imposte sul petrolio. Una mossa che a Teheran non è affatto piaciuta.

Usa, non solo il dossier Taiwan: c’è anche l’egemonia arabica sull’Iran in ballo

Nasser Kenani, portavoce del ministro degli Esteri dell’Iran, ha commentato le sanzioni Usa imposte di recente sul petrolio in uscita da Teheran:

L’Iran ha intenzione di reagire fermamente e immediatamente alle sanzioni imposte ieri da Washington contro Teheran. L’Iran prenderà inoltre misure per neutralizzare il potenziale impatto delle sanzioni sulla propria economia. Il provvedimento indica che non c’è differenza tra la politica della precedente amministrazione, guidata da Donald Trump e quella dell’attuale presidente, Joe Biden, che si è invece rivelata ancor più fallimentare

Nasser Kenani all’agenzia Irna

Non siamo ai livelli dell’annuncio sul nucleare di qualche settimana fa (su cui Eslami ha ribadito che “non è in programma a breve“), tuttavia Washington non intende cedere nella personale dimostrazione di forza nei confronti di due Stati rivali come ribadito dal segretario Difesa Antony Blinken e dal Ministero del Tesoro. Nel dettaglio, sono state colpite da sanzioni la Pioneer Ship Management e la Golden Warrior Shipping, società degli Emirati Arabi, per aver coordinato il trasporto del petrolio iraniano.

Tra i Paesi è inoltre in discussione l’ipotesi di uno scambio di prigionieri, accolta favorevolmente su Teheran. Conferma infine dall’Aiea circa la dotazione iraniana di uranio arricchito al 60%, ampiamente sopra le richieste di un’arma nucleare (si parla di circa 43 kg, ne servirebbero 25):

Colpite dai feroci provvedimenti americani ci sono altre aziende con sede in Cina, Singapore e Hong Kong: tutte società che avrebbero aiutato un potente broker con sede a Teheran a vendere petrolio iraniano all’Asia orientale.