Franco Casalini per me firmato Coach Dan Peterson

Pallacanestro il grande ricordo di un uomo-Olimpia: arrivato ragazzino a 20 anni, avrebbe contribuito a scrivere alcune tra le più intense e belle pagine del popolare club lombardo

Peterson è intervenuto nella trasmissione sportiva “Time Out”, in onda su Radio Cusano Campus dalle 15.30 alle 17.30 dal lunedì al venerdì: “Innanzitutto, abbiamo passato nove anni insieme poi come telecronista l’ho seguito come allenatore dell’Olimpia dal 1987 al 1990: l’ho visto fare il tragitto totale. Perché quando io sono arrivato a Milano, lui era allenatore del settore giovanile. Avevano perso Faina come allenatore e altri tecnici: lui e Guglielmo Roggiani erano gli unici due rimasti. Sono stati promossi, anche se Guglielmo è andato a Vicenza dopo un anno. Franco è rimasto tutti e nove anni ed era un rapporto quotidiano: un rapporto molto sentito, grande collaboratore. L’ho conosciuto come persona di grande senso di umorismo, grande intelligenza e grande introspettiva sulle cose, uno autoironico. Grande senso della lealtà, per me come suo capo e per l’Olimpia Pallacanestro Milano. Aveva l’Olimpia, nel suo DNA”.

E’ partito, come si fa, dalla gavetta, ha fatto tutta la trafila. Una cosa che non sempre, avviene. Ha saputo aspettare.

“Lui ha vinto anche 4 titoli giovanili tra i quali uno Juniores, uno Cadetti e altre cose. Una cosa è vincere un titolo Juniores e non aver nessuno giocatore prodotto per la prima squadra. Invece le squadre di Casalini hanno prodotto fior di giocatori per questa squadra. Ha fatto un doppio lavoro. Ha vinto titoli e ha prodotto giocatori! Sapeva cosa significasse spiegare e insegnare una cosa. Un allenatore molto completo. Sapeva stabilire rapporti con i giocatori, gestire lo spogliatoio. Era bravissimo in tutto”.

Poi avrebbe avuto un percorso da telecronista, come ha fatto lei, Coach.

“E’ stato anche opinionista, e ha lavorato con diversi siti internet: ha fatto dei commenti scritti, orali, e di tutto. Non ha mai veramente lasciato il Basket, era sempre coinvolto. E ogni volta che l’Olimpia ha fatto qualcosa, tipo 80 anni di storia, lì c’era Franco, non mancava mai agli appuntamenti. Come ho scritto oggi sulla Gazzetta aveva l’Olimpia nel DNA. Lui era milanese, nato a Milano, cresciuto con il mito dell’Olimpia di Riminucci, di Pieri, di Bradley, della Coppa dei Campioni, Bogoncelli, Cesare Rubini. Lui viveva per l’Olimpia”.

E casualmente ieri era il compleanno di Bill Bradley, il senatore.

“Questo non lo sapevo”, dice, sorridendo, Peterson.

“Franco aveva 13-14 anni quando Bradley ha fatto vincere a Milano la Coppa dei Campioni. Franco aveva grande stima per Kenney, Meneghin, John Gianelli; grandi personaggi che hanno reso l’Olimpia grande”.

Nel 1987 lei e Franco Casalini avete guidato la squadra a vincere la Coppa dei Campioni. Lei ha avuto mai la tentazione di proseguire anche dopo la Coppa dei Campioni, come allenatore?

Peterson è una volta di più schietto e sincero: “Dico sempre che è stato il più grande errore della mia vita. Avevo 51 anni, ma avevo tante altre attività. Avevamo anche vinto gli ultimi 3 scudetti, le ultime 2 Coppe Italia, due competizioni europee. Non volevo che la gente dicesse: Peterson perso uno scudetto perché è troppo impegnato con la pubblicità, la televisione, altre cose. Dovessi scegliere di nuovo non lo rifarei: rinuncerei a tutte queste cose per proseguire come allenatore”.

Oggi ha scritto un articolo da applausi, sulla Gazzetta dello Sport, ne parlavo in privato con Valerio Bianchini. Spiegando tante qualità, di Franco Casalini. Sul piano del rapporto con i giocatori e con l’ambiente, Franco che tipo è stato?

“Valerio ha fatto un grande elogio, a Franco. Ha detto una cosa giusta, che avrei dovuto dire io, okay? Franco ha dato la figura al vice-allenatore che prima non aveva. Un uomo di coraggio perché prendere una squadra che ha vinto il Grande Slam da vice-allenatore non è una cosa facile, ci vuole una grande determinazione. Lui è nato per farlo, quindi era anche logico. Ovviamente quando sono andato via io ho detto: spero che prenderete Franco come nuovo Capo-Allenatore. Nessun altro dopo 16 anni ha fatto quanto lui, per la società, per arrivare a questo punto. Merita questa promozione. E lui ha giustificato tutto: Coppa dei Campioni, scudetto, Coppa Intercontinentale. Tutto in tre anni. Quale altro allenatore può dire altrettanto?

Quante volte lo ha contattata durante il primo anno?

“Oh, due tre volte, ogni anno, magari per cose piccole. La nostra grande forza è che abbiamo risolto tutto in due. Dicevo: Franco, so che tu non sei d’accordo ma mentre quando io sono Capo-Allenatore facciamo così, ok? E lui diceva: Ok, Coach, benissimo: volevo solo esternare quello che avevo in mente. Un vice-allenatore deve, fare questo. Quando io ero giovane, nel 1962-63, sotto un grande allenatore, ero il vice di James Arfield a Mc Kendrey College. I primi tre suggerimenti me li aveva buttati dalla finestra. Non ho fatto il quarto non l’ho fatto e lui mi ha detto: DAN, non hai dato il tuo suggerimento. Il tuo ruolo è di darmi suggerimenti e non lo hai fatto. E io risposi: il primo, il secondo, il terzo, me li ha buttati nel cestino. E lui: no, no, DAN tu non hai capito. Il tuo ruolo è di darmi 100 suggerimenti. Ne butterò 99, dalla finestra, e il 100° sarà oro, per me. Perché mi avrai aperto gli occhi. Ho fatto così, con Franco. Ho raccontato a lui la storia di Coach Arfield, e dicevo: dammi i tuoi suggerimenti perché sai che non condividerò, lo sai, ma mi farai pensare. Per questo cito la lealtà di Franco. Lui è stato perfetto. Io dicevo: non farò questo. Lui diceva: okay, andiamo avanti. Grandissima qualità”.

Quante volte avete fatto tardi, nelle riunioni dopo-cena? C’è stata qualche partita del giorno dopo più temuta di un’altra?

“No, noi avevamo la capacità di archiviare le partite e pensare al prossimo. Non abbiamo perso più di 3 partite in fila, in 9 anni. Abbiamo saputo superare queste cose, i momenti difficili, le sconfitte dure. A Pesaro abbiamo subìto 45 punti, nell’anno dello scudetto”.

1981-82, se non ricordo male…

“Sì, 81-82. Il giorno dopo in allenamento avevamo la stessa determinazione. Avevamo la capacità di voltare pagina e andare avanti”.

Avete allenato grandissimi giocatori. Penso a Bob Mc Adoo, o a Dino. Avevate tanto lavoro, da svolgere, sia insieme che separatamente. Non è stato facile!

“Il segreto è che non puoi i bravi giocatori non li puoi far autogestire. Dovevi saperli ascoltare. E Franco in questo era eccezionale, sia come Vice-Allenatore che da Capo-Allenatore”.

Pensa che nel Basket anni 70 e 80 ci sia stata una coppia di allenatori degni della vostra bravura?

“C’era Sandro Gamba con Bruno Arrigoni, a Varese. Taurisano, prima di me (a Milano), ha avuto a Cantù un anno Valerio Bianchini. Poi io a Bologna ho avuto Ettore Zuccari. Io dicevo sempre: Franco Casalini è il miglior vice e ci credevo”.

Lei è sempre stato schietto e sincero. Non vedo perché dovrebbero dubitare del giudizio dato.

Il percorso inverso lo fanno sia i giocatori che gli allenatori? Messina ce la fa, a riportare qualcosa di prestigioso, a Milano?

“Well, io penso che qualsiasi scambio sia positivo. Penso a Scariolo in Spagna. Qualsiasi esperienza fuori dai propri confini è una cosa che arricchisce tantissimo. Io, per esempio, prima di venire in Italia, sono andato in Cile”.

In un momento nemmeno facile…

“Sì. E’ la chiave di qualsiasi cosa che ho fatto in Italia, due anni in Cile. Due anni utilissimi, un must su ciò che va fatto, un’esperienza utile, per capire il Basket internazionale. Io devo tutto, ai due anni in Cile. Qualsiasi esperienza da giocatore o da allenatore, all’estero, è importantissima”.

A proposito di Bologna, Ettore Messina ha rimproverato qualcuno, a Basket City. Noi a Milano abbiamo le foto di tanti miti, passando dall’ufficio al campo. A Bologna hanno la tendenza a dimenticare, quelli che hanno fatto la storia…. Pensa che sia stato un rimprovero dettato dal momento o ha ragione Ettore?

“Non lo so dire. Io so solamente che ho avuto il piacere di allenare le due società più vincenti nel Basket italiano. Non ho avuto il piacere di allenare Varese. Ho avuto il piacere di allenare la Virtus e Milano. Quello che uno fa un anno, non c’entra niente. In America diciamo la tradizione è quello che hanno fatto ieri, la storia è quella che fai tu oggi”.

Ho visto che anche il commento di Dino, da grande uomo, era basato sull’autoironia, di Franco Casalini.

“Franco era veramente inserito nel tessuto della società, con la tradizione delle partite a carte con D’Antoni, Tony Cappellari il medico Dottor Franco Carnelli. Franco era molto, molto, molto bravo, in questo, nell’entrare nel tessuto, parlare e saper ascoltare i giocatori e tutto. Una figura- collante, nello spogliatoio. Senza mai tradire loro. Non mi ha mai detto: Tizio ha detto questo. Leale anche con loro”.

Riservato, discreto.

Le voglio dare io, un aneddoto. Quarto di finale di Coppa Italia. Cercavo un autografo prima della partita mentre lei faceva un cazziatone a un giocatore. Franco trovò i dieci secondi utili a capire che fosse passata la sua tempesta. Dimostrando grande psicologia.

“Lui era un uomo di grandissima intelligenza e di grande sensibilità”.

Conclude con la cordialità di sempre. “Piacere mio. Saluti a tutti”.

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Franco Casalini per me firmato Coach Dan Peterson – Il riassunto preso da Radio Cusano Campus, l’emittente marconiana dell’Università degli Studi Niccolò Cusano.

I pensieri di Dan Peterson in 90″ su quello che è stato il suo fedele e fiero Assistant Coach per ben 9 anni: intensi, spessi. Vincenti.

Le parole di un grandissimo avversario di quella grandiosa Milano, Valerio Bianchini, il Vate del Basket italiano, già allenatore di Pallacanestro Cantù, Bancoroma, Victoria Libertas Pesaro.

L’intero intervento di Dan Peterson durante “Time-Out” di venerdì 29 luglio: i pensieri del popolarissimo Coach e Telecronista Sportivo durante la trasmissione di Radio Cusano Campus, in onda dalle 15.30 alle 17.30 dal lunedì al venerdì.

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