Gli integratori di vitamina D sono privi di effetti utili nel prevenire fratture e problemi cardiovascolari, oncologici e cognitivi: lo ha dichiarato il direttore generale dell’Aifa, Nicola Magrini, durante la presentazione del Rapporto sull’Impiego dei Medicinali 2021. È quanto emerge da un recente studio pubblicato sul New England Journal of Medicine (NEJM). L’Aifa mette così in guardia i medici e punta a prescrizioni più mirate.

Vitamina D: cos’è e a cosa serve

La vitamina D è una vitamina liposolubile, che cioè si scioglie nei grassi, e presente in due forme: l’ergocalciferolo (D2), assunto con il cibo, e il colecalciferolo (D3), sintetizzato dal nostro organismo attraverso l’esposizione della pelle al sole. La radiazione ultravioletta, infatti, trasforma un grasso della pelle in vitamina tramite una reazione chimica. Prodotta nella pelle o introdotta con la dieta o con gli integratori nell’intestino, la vitamina passa poi nel sangue, dove si lega a una proteina specifica, che la trasporta ai diversi organi e tessuti. La sua funzione principale è quella di regolare il metabolismo del calcio, favorendo il processo di calcificazione delle ossa e contribuendo a mantenere nella norma i livelli di calcio e fosforo nel sangue.

Vitamina D: in quali alimenti è presente

La vitamina D si trova in:

  • pesce grasso, come salmone, sardine, aringhe e sgombri
  • fegato
  • tuorli d’uovo
  • funghi

In alcuni alimenti di fabbricazione industriale, ad esempio latte o cereali da colazione, viene aggiunta nella fase di produzione; per questo tali cibi si dicono “fortificati”. Tale pratica è tuttavia poco diffusa in Italia, ma utilizzata soprattutto negli Stati Uniti. Per sopperire alle mancanze, sono comunque presenti sul mercato diversi integratori alimentari contenenti quantità variabili di vitamina D, da sola o insieme a altre vitamine o sali minerali, oltre che farmaci assumibili previa prescrizione medica quando i valori della stessa sono consideranti carenti, o nel caso di categorie a rischio, come persone ospedalizzate, donne in gravidanza o in allattamento e persone affette da osteoporosi.

L’Aifa mette in guardia sull’uso degli integratori di vitamina D: “Non hanno effetti positivi”

In occasione della presentazione del Rapporto sull’Impiego dei Medicinali 2021, il direttore generale dell’Aifa, Nicola Magrini, ha fatto riferimento a un recente studio pubblicato sul New England Journal of Medicine (NEJM) per mettere in guardia i medici sull’eccessiva prescrizione di integratori di vitamina D. Stando alle sue parole, lo studio

è apparso su una delle più autorevoli riviste ed è il più ampio mai fatto. Ha valutato l’efficacia della vitamina D assunta per 5 anni nel prevenire le fratture e ne è emerso come sia priva di effetti utili.

La ricerca ha anche analizzato la presunta efficacia della vitamina D per prevenire problemi cardiovascolari, oncologici e cognitivi, mostrando che “non vi sono effetti positivi”. L’Aifa, che si era già messa al lavoro per incentivarne una maggiore appropriatezza prescrittriva, visto l’elevato consumo ingiustificato durante la pandemia da Covid-19 (quando si pensava, erroneamente, che potesse aiutare a prevenire l’infezione), mostra ora che, nonostante l’importante riduzione registrata rispetto al 2019, il farmaco è ancora terzo per spesa in Italia con 201,4 milioni di euro e c’è quindi ancora molto da fare per ridurre la prescrizione a casi più mirati di reale bisogno.