Franco Casalini non c’è più. E’ morto a 70 anni in casa sua, forse per un malore. Il mondo della Pallacanestro e l’Olimpia Milano perdono una persona dalla grande capacità umana di tenere rapporti cordiali e spessi. Lui che è stato il fedele assistente allenatore di Dan Peterson nella intensa realtà cestistica degli anni ’80. Lui che l’avrebbe ereditata, quella compagine, proprio dal popolare tecnico e commentatore televisivo, una volta che la riportarono insieme sul tetto d’Europa. Era il 2 aprile del 1987, a Losanna si giocava la finale di Coppa dei Campioni. Conquista alla quale Milano andò vicino qualche anno prima, in un ultimo atto tutto italiano, beffardo, perché vinse Cantù di un solo punto con un finale contestato. Quella volta la Tracer Philips aveva saputo superare tutto, grazie anche al coraggio immenso di Meneghin che finì la partita senza adduttori, in pratica. E il duo in panchina era Peterson-Casalini. Terminò 71-69 con Doron Giamchy che sbagliò il tiro da 3 punti e le mani di Mc Adoo protese sul pallone del rimbalzo certificarono uno dei momenti più belli del Basket milanese e italiano in Europa.
Quella vittoria responsabilizzò ulteriormente Franco che prese le redini da Capo-Allenatore e seminò la strada sulla quale i giocatori seppero arrivare alla Coppa Intercontinentale. L’anno successivo, questa volta spostandosi dalla Svizzera in Belgio, a Gand, l’Olimpia Milano di Coach Casalini superò 90-84 il Maccabì Tel Aviv, il medesimo avversario dell’anno precedente. Poi nel 1989 era Casalini a guidare Milano in una drammatica finale scudetto vinto a Livorno per soli 40 centesimi di differenza che oggi, a distanza di molti anni, è ancora oggetto di discussione. Persino Carlo Sassi, storico conduttore della RAI, scomodò un’attenta e metodica moviola per cercare di capire cosa fosse successo, in casa dell’Enichem Livorno, prima della zuffa che ne scaturì e del rumoroso rientro negli spogliatoi.
Pallacanestro e Olimpia Milano piangono Franco Casalini Il mondo della Pallacanestro e l’Olimpia Milano stanno piangendo insieme un uomo che ha saputo legare e tanto, in fatto di rapporti umani. Cortese, grande conoscitore di più settori e dotato di una grande cultura storica e letteraria, ha saputo svolgere il ruolo di assistente di fianco a un personaggio assoluto qual è da sempre Dan Peterson. Ha saputo assorbire il verbo dell’allenatore statunitense sia sul piano della gestione della squadra e dello spogliatoio che sotto il profilo tecnico e tattico. Hanno costituito probabilmente la coppia di Coach più stimata e forse più invidiata perché alle spalle hanno avuto una solida società, capace di metterli in condizione di lavorare alla grande, con Tony Cappellari general manager.
Un aneddoto riguarda la Coppa Italia 1986-1987. Gara d’andata al Palazzetto dello Sport di Roma di Viale Tiziano dove la Virtus Roma le suona e tanto, a una frastornata Olimpia, impegnata su tre fronti: campionato di A1, Coppa Campioni, coppa nazionale. Roma vince di 13. Ritorno al Palalido di Milano stracolmo, e Roma aveva come coppia di stranieri Leo Rautins-Bruce Flowers. Una bomba da 3 punti di Premier manda al supplementare la Tracer Philips che vincerà il quarto di finale sulla scia di una rimonta clamorosa. L’allenatore di Roma era Mario De Sisti, la coppia milanese Peterson-Casalini. Prima della gara un giovanissimo cronista di 17 anni e mezzo si avvicina per far autografare un’opera stupenda, scritta a quattro mani, da Peterson e Meneghin, “Il Pivot”.
Si sentivano bene, nel prepartita, le parole forti del tecnico e Casalini che prende il libro e dice: “Lo facciamo firmare in un momento successivo”. Frase detta con garbo e capacità di leggere il momento. Lo avrebbe fatto fare in quella frazione di minuto utile a entrare nello spazio caratteriale di Peterson nel quale Casalini sapeva penetrare come D’Antoni a canestro e con la determinazione di Franco Boselli e Vittorio Gallinari. E ci era riuscito nel pre-partita. Anche in quel frangente, ha dimostrato intelligenza e capacità gestionale. Perché, parafrasando Dino Meneghin: “Con Peterson non si scherzava”. E i quarti d’ora precedenti le partite, avevano una grande sacralità.
Franco Casalini mancherà sia a quel ragazzino di 17 anni che a chi è cresciuto stimandone la duttilità e l’umiltà, la crescente consapevolezza di essere all’altezza di guidare una macchina di quella caratura, e ricevere quell’eredità che avrebbe fatto sussultare chiunque, nel mondo dello Sport e specificamente della Pallacanestro. Il dopo-Peterson ha rappresentato la sua maturità assoluto. Poi sarebbero arrivate fugaci avventure a Forlì e a Roma. Quindi la bravura lessicale espressa nelle telecronache che lo hanno fatto stimare anche in quel delicato ruolo di commentatore televisivo.
Franco se ne è andato in un giorno che avrebbe rappresentato un gran bel motivo di festa, quello del compleanno di una leggenda dell’Olimpia Milano versione Scarpette Rosse del Simmenthal, Bill Bradley. Ma pensare a lui al tempo “imperfetto” è una cosa che stona per il bene che ha saputo seminare sul piano umano, prima e insieme dell’allenatore cresciuto e maturato di fianco alla grandezza di Peterson. L’apporto che ha dato Casalini sul piano cestistico è sempre stato messo in evidenza con grande senso del realismo, dal buon allenatore di Evanston. E il fattore di aver recitato bene nelle diverse vesti gli ha consegnato la considerazione, l’affetto per come si è saputo porre, la grande stima di chi è stato suo giocatore, e di chi ha diviso con lui momenti vitali, nella storia del sodalizio milanese.
Caro Franco, questo è un contropiede tra i meno prevedibili. E fa male. Giunga a te l’abbraccio di chi ti ha voluto bene e ti è riconoscente.
Pallacanestro e Olimpia Milano piangono Franco Casalini – Nel pomeriggio di oggi il sentito ricordo di Franco Casalini verrà prodotto dalle parole di Paolo Viberti, giornalista professionista inviato di Tuttosport che tantissime volte ha seguito l’Olimpia Milano di Peterson e Casalini in giro per l’Europa. Appuntamento con “Time-out” dalle 15.30 alle 17.30 su www.radiocusanocampus.it.