Ancora resta incerta la causa della morte della bimba morta a Milano. Dall’autopsia effettuata sul corpo della piccola Diana di un anno e mezzo, lasciata da sola in casa per sei giorni dalla madre Alessia Pifferi, non risulta esserci alcuna evidente causa del decesso. È questo ciò che è emerso dal collegio di consulenti medici che hanno eseguito l’esame medico.

Bimba morta a Milano: le ipotesi al vaglio

Gli specialisti si sono riservati valutazioni più definite quando avranno ulteriori parametri sulla base di altri accertamenti, come le analisi tossicologiche. Tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti c’è la possibilità che la madre della piccola le abbia somministrato il farmaco ansiolitico ‘En’ a base di benzodiazepine. Un sospetto finora sempre negato dalla Pifferi che, al contrario, ha detto di aver dato alla figlia solamente delle gocce di paracetamolo. Ciò nonostante, nel sopralluogo effettuato dai carabinieri nella casa della principale sospettata, non è stato trovato nessun flacone di tachipirina se non quello di En.

Ci vorranno alcune settimane per una prima relazione degli esperti, nominati nell’inchiesta della Squadra mobile, coordinata dal pm di Milano Francesco De Tommasi. Sarà comunque difficile, da quanto si è appreso, individuare una causa precisa della morte avvenuta, già stando ai primi accertamenti, per stenti.

Intanto una prima relazione preliminare dei consulenti medici è attesa entro metà agosto sul tavolo del Pubblico ministero. Dalle analisi autoptiche si potrebbe sapere quando la bimba è morta nell’arco di quei 6 giorni in cui è stata lasciata sola. Per ora, pare che il decesso sia avvenuto prima delle 24 ore antecedenti al ritrovamento del corpo.

La madre della bimba rischia l’ergastolo

Se venisse accertato che la mamma della piccola Diana abbia stordito la figlia con il benzodiazepine per non farla piangere, su di lei ricadrebbe l’accusa di omicidio volontario. Si potrebbe addirittura aggravare riconoscendo il dolo pieno e la premeditazione. Ad ogni modo il procedimento, che potrebbe passare anche per consulenze psichiatriche della difesa o per un’istanza di perizia sulla capacità di intendere e di volere, è un caso classico da rito immediato e da processo in Corte d’Assise. Le accuse contestate possono portare alla pena dell’ergastolo.