Ecco il racconto di Beppe Severgnini sull’intervista fatta a Scarlett Johansson:

“Ci siamo incontrati nella Francia del nord. Al settimanale «7» del Corriere era stata offerta la possibilità di un’intervista di copertina. Sono arrivato a Parigi, ho trovato l’auto che mi avrebbe portato tra le vigne di Epernay, dove Scarlett Johansson aveva il quartier generale. I colleghi entravano nella stanza dell’attrice e uscivano poco dopo, quasi mai entusiasti.

C’era anche un’italiana che conoscevo. Mi ha visto e ha detto: «Buona fortuna. Simpatica come una cicca nei capelli, la ragazza». «Cicca», in Lombardia, vuol dire gomma, chewing-gum. Quindi avete capito: non simpaticissima, la giovane Johansson, secondo la collega.

Quand’è arrivato il mio turno, a metà pomeriggio, non ero emozionato, un giornalista non lo ammetterà mai. Diciamo, contento. Ero preparato, conoscevo i suoi film. Scarlett sembrava un’attrice versatile e convincente. E una giovane donna affascinante, certo. Un fascino che non riuscivo a spiegarmi del tutto. Le domande dei miei colleghi erano del genere: «Lei è divina, o solo meravigliosa?». Mi sono ripromesso di mantenere un contegno. Finché non sono entrato.

Per cominciare: Scarlett era più piccola di quanto immaginassi. Uno e sessanta scarso. Stava seduta sul divano, le scarpe sul tappeto, le gambe raccolte sotto la gonna a fiori. Le ho chiesto, come prima cosa: possiamo metterci vicino alla finestra? Il mio iPhone è scarico, e mi serve per registrare l’intervista, ho bisogno di una presa di corrente, e c’è solo lì.

Mi ha guardato e ho capito, con la rassegnazione degli imputati e degli innamorati, che il destino del nostro incontro si sarebbe deciso nei successivi dieci secondi. Ne sono bastati cinque. Ha sorriso, si è alzata, si è spostata. «Cosa faremmo senza i vecchi, buoni iPhone?», ha scherzato.

Abbiamo ricordato L’uomo che sussurrava ai cavalli, il suo vero esordio cinematografico, e poi il filotto di ottimi film all’inizio degli anni Duemila: La ragazza con l’orecchino di perla, Una canzone per Bobby Long, Match Point, Scoop, Black Dahlia, Vicky Cristina Barcelona.

Scarlett Johansson: “Lei è il mio intervistatore da sogno”

Le ho chiesto di Lost in Translation, mia deliziosa ossessione. «Mi tolga una curiosità. Il personaggio di Murray era innamorato di lei?».

Risposta: «Lo sarebbe stato, se fosse stato un po’ più giovane, o se lei fosse stata un po’ più vecchia. Era un amore platonico. Penso che lei gli abbia mostrato qualcosa, e lui l’abbia guidata, in qualche modo. Lui s’illumina, quando è con lei. E lei pure, quando è con lui. Grazie a questo incontro riesce a transitare verso una nuova fase della propria vita».

Scarlett si è accorta che conoscevo bene il suo lavoro, ma ha capito che sapevo poco o nulla della sua vita privata. «Veramente? Non sa neanche con chi sono sposata?». No, le confesso. «You’re my dream interviewer! Lei è il mio intervistatore da sogno! Avanti, parliamo di politica».

Mi rivelò cosa le sussurrò Bill Murray in Lost in Translation: “Non lo racconti in giro!”

Verso la fine dell’intervista, a sorpresa, Scarlett mi ha chiesto perché, a mio giudizio, lei piacesse tanto agli uomini. «Ci sono attrici più belle di me», ha aggiunto serissima. Forse è vero, le ho risposto; ma molte intimidiscono. Scarlett è una ragazza americana. La cassiera più carina del supermercato Walmart, di fronte alla quale si forma la coda più lunga. Ho pensato per un attimo che mi cacciasse. Non lo ha fatto, ha sorriso.

«Stasera c’è la cena, ci vediamo là». A cena, nelle cantine dell’azienda, mi ha chiesto di sedermi accanto a lei. Ho ringraziato mentalmente il Corriere della Sera. Era un duro lavoro, ma qualcuno doveva pur farlo. Salutandola, le ho chiesto: cosa le ha sussurrato Bill Murray, alla fine di Lost in Translation? Si è avvicinata e me l’ha detto. «Ma non lo racconti in giro!», ha concluso ridendo. Scarlett, tranquilla: sarò una mummia. L’età, ormai, è quella.”