Ecco chi è Giorgia Soleri, lei tra le principali protagoniste dell’apertura del Giffoni Film Festival. Parliamo di una modella e influencer di venticinque anni, che nell’ultimo periodo è emersa nella dialettica comune per la sua storia. Il suo cammino si è incrociato con quello della vulvodinia, una malattia ginecologica che causa forti dolori alla vulva e ai tessuti dell’apparato vaginale. Lei, fidanzata di Damiano dei Maneskin, ha voluto la forza e il coraggio di raccontare tutto ciò davanti alla vasta platea del Giffoni Film Festival, lanciando un moto di sensibilizzazione verso questa tematica. Proprio in questo contesto, spiega Giorgia Soleri, emerge che “la salute mentale e la sua cura è sicuramente uno tra quelli più stigmatizzati nella società contemporanea”.
Capire chi è Giorgia Soleri è semplice, anche se parliamo di un personaggio in continua evoluzione. Da poco poetessa in rampa di lancio, da tempo è l’attivista volto del Comitato Vulvodinia Neuropatia Pudendo e promotrice della recente proposta di legge in merito alla Camera dei Deputati. Parliamo, dunque, di una ragazza attiva su vari campi, sia dal punto di vista della salute sia sotto l’aspetto emotivo. La stessa Giorgia Soleri, oltre ad avere ottimi numeri come influencer soprattutto su Instagram, riesce a coniugare questo lato espansivo con quello più intimo. Insomma, un’anima ricca di sfaccettature di ogni tipo
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Chi è Giorgia Soleri, non solo poesia e attivismo
Possiamo dire, a tutti gli effetti, che per rispondere alla domanda “chi è Giorgia Soleri?” si possa citare direttamente quanto da lei affermato in occasione del Giffoni Film Festival: Per lei, infatti, la sana comunicazione è fondamentale ed essenziale per la formazione di un individuo.
“Tendiamo spesso a pensare che ciò che proviamo sia unico e invece molto spesso il raccontare diventa terapeutico. Ricordo il caso di una bambina che soffriva della malattia e non aveva il coraggio di raccontarlo persino alla madre; dopo il mio racconto ha trovato il coraggio di farlo”
Giorgia Soleri, inoltre, si afferma sul tema degli psicofarmaci: “Non dovremmo chiamarli psicofarmaci, ma semplicemente farmaci perché se le cure farmacologiche per altre parti del corpo nel linguaggio comune vengono chiamate solo farmaci, e non ‘cardiofarmaci’, ‘testafarmaci’, bisogna aggiungere il prefisso ‘psico’ per quelli volti a curare la mente? Le malattie mentali sono problemi di salute come tutti gli altri, e per questo, se serve, vanno curati con terapie farmacologiche” ha spiegato. Insomma, una spinta verso il coraggio di parlarne. Il che, in quest’epoca storica, non è affatto poco.