Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, chiamato anche Pnrr, data la crisi politica italiana è a rischio. Il piano sul quale punta l’esecutivo prevede una serie di investimenti e riforme in risposta alla crisi pandemica e si inserisce in un quadro più ampio di fonti di finanziamento.
L’Italia, in questo momento vede a rischio il Pnrr, ai partiti infatti, servirà qualche giorno per mettere a fuoco gli enormi rischi che il Paese corre su questo fronte dopo le dimissioni di Mario Draghi. In particolare cresce la possibilità di fallire gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del prossimo Dicembre e di perdere non solo i 46 miliardi in ballo da qui a fine anno ma anche l’intero Piano da 191,6 miliardi.
Il Pnrr che ora è a rischio e di tanto si parla è lo strumento che deve dare attuazione al Next Generation EU (NGEU) definendo un pacchetto coerente di riforme e investimenti per il periodo che va dal 2021 al 2026, dettagliando i progetti e le misure previste.
Il Governo italiano ha quindi predisposto questo Piano per illustrare alla Commissione europea come intende gestire i fondi del NGEU, descrivere i progetti che intende realizzare con questi fondi e delineare il calendario delle riforme associate all’attuazione del Piano e più in generale, finalizzate alla modernizzazione del Paese.
Il Pnrr prevede 134 investimenti e 63 riforme, per un totale di più di 191 miliardi di euro.
Pnrr perché potrebbe essere a rischio
Per supervisionare l’attuazione del Piano il nostro Governo ha previsto un sistema di coordinamento che fa capo al Ministero dell’Economia, così come sono state predisposte strutture di valutazione e controllo. Inoltre, si prevedono task force locali per aiutare le amministrazioni a migliorare le capacità di investimento a semplificare le procedure.
Secondo l’Osservatorio Agenda Digitale, il 2022 è l’anno cruciale per impostare al meglio le tante iniziative previste nel Piano, pena la perdita di finanziamenti preziosissimi da parte della Commissione Europea. Per concretizzare tutto il potenziale di trasformazione digitale associato al PNRR è quindi necessario raccordare visioni, risorse e sforzi che se non sono ben allineati, rischiano di far perdere tempo ed energie veramente cruciali in questa fase storica per il nostro Paese.
La pandemia ha colpito l’Italia dando una stoccata alla crisi economica, sociale e ambientale già in atto. Già prima del Covid-19 il nostro Paese arrancava rispetto alle altre nazioni europee avanzate, con problemi di produttività e una scarsa propensione all’adozione di nuove tecnologie, tanto nel settore privato quanto nella Pubblica Amministrazione.
Questo però non significa che l’Italia sia condannata al declino, è infatti, qui che entra in gioco il Next Generation EU, meglio noto in Italia con il nome di “Recovery Fund”.
Tale programma dell’Unione Europea prevede una serie di fondi per risollevare le sorti degli Stati membri in seguito alla crisi provocata dalla pandemia. Per accedere ai fondi l’Italia, così come ciascun Stato membro, ha dovuto presentare il suo pacchetto di investimenti e di riforme che ora con la crisi di governo sembra essere a rischio.
I progetti del Pnrr
La proposta di Pnrr si concentra sui tre assi di intervento condivisi a livello europeo, la digitalizzazione e innovazione, la transizione ecologica e l’inclusione sociale.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza intende affrontare le conseguenze immediate della crisi pandemica, ma non solo i suoi progetti sno molti. Con il Pnrr, il Governo italiano mira a risolvere e sbrogliare i diversi nodi strutturali che hanno rallentato lo sviluppo economico e sociale nazionale negli ultimi 20 anni.
In primis la debole dinamica degli investimenti e la debole capacità amministrativa del settore pubblico, ma anche una serie di fattori strutturali quali disparità di reddito, di genere generazionale e territoriali.
Stando alle stime contenute nello stesso Piano, il Governo prevede entro il 2026 un aumento del Pil di 3,6 punti percentuali e un aumento dell’occupazione dei 3,2 punti percentuali.
Il Piano si struttura in quattro aree:
- Obiettivi generali
- Riforme e Missioni
- Attuazione e monitoraggio
- Valutazione dell’impatto macroeconomico
I progetti del Piano italiano prevedono investimenti per un totale di 222,1 miliardi di euro, di cui 191,5 sono finanziati dall’Unione europea attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e ulteriori 30,6 miliardi di risorse nazionali sono parte di un Fondo complementare, finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri del 15 Aprile e autorizzato dal Parlamento, a maggioranza assoluta, nella seduta del 22 Aprile.
La quota di risorse più consistente è destinata alla realizzazione dei progetti inseriti nella Missione 2, ovvero ciò che riguarda la rivoluzione verde e la transizione ecologica che riceverà poco meno di 60 miliardi di euro.
Alla Missione 1, quella che si basa sulla digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura sono stati invece assegnati circa 40,7 miliardi, mentre alla Missione 4, basata sull’istruzione e la ricerca sono destinati quasi 31 miliardi.
Circa 25 miliardi saranno poi assegnati alle infrastrutture, quasi 20 a coesione e inclusione e circa 15 miliardi alla missione salute. Da evidenziare poi che il Piano destina 82 miliardi al Mezzogiorno sui 206 miliardi ripartibili secondo il criterio del territorio, corrispondenti a una quota del 40%.
Tutti gli interventi previsti dal Pnrr saranno realizzati entro 5 anni, sempre che non ci sia il rischio di un cambiamento, data la forte crisi politica che stiamo vivendo.