Arrestato, con l’accusa è di “istigazione a delinquere e apologia, aggravati dalla finalità di terrorismo” un 49enne cittadino albanese residente a Galatina, in provincia di Lecce che faceva propaganda jihadista sul web.
Arrestato perchè diffondeva sul web propaganda jihadista e foto che lo ritraevano con il vessillo dell’Isis. Gli agenti della Digos della Questura di Lecce hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, disposta dal gip del capoluogo salentino su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica, nei confronti di Astrit Hasani 49enne cittadino albanese residente a Galatina.
L’uomo è stato accusato del reato di “istigazione a delinquere e apologia, aggravati dalla finalità di terrorismo e dall’uso di strumenti informatici”.
Secondo gli inquirenti, avrebbe intrapreso, nel corso del tempo, un percorso di radicalizzazione, maturando una profonda adesione alle ideologie estremiste islamiche e denotando un cambiamento radicale nel suo modo di vivere.
L’indagine, coordinata dal Servizio per il Contrasto all’Estremismo e Terrorismo Esterno della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, ha preso avvio nel 2018 a seguito di una segnalazione del comparto intelligence e avrebbe consentito di ricostruire il percorso di radicalizzazione intrapreso dall’arrestato.
Le attività tecniche avrebbero fatto emergere, fra le altre cose, come l’albanese avesse maturato una profonda avversione per le leggi italiane e lo stile di vita occidentale e che sarebbe stato impegnato a diffondere nel web numerosi contenuti di propaganda jihadista, tra cui foto che lo ritraevano con il vessillo dell’Isis e avrebbe intrattenuto nel contempo rapporti con elementi di rilievo del terrorismo internazionale già emersi in indagini di settore condotte all’estero.
Secondo gli investigatori “le pagine social media maggiormente esposte al pubblico venivano inondate di messaggi violenti e di propaganda jihadista, con la finalità da un lato, di esaltare i sostenitori del jihad e dall’altro di attrarre la platea di coloro che per la prima volta si affacciano a questa errata interpretazione dell’lslam”.
Come ricostruiscono i carabinieri del Ros, l’indagato, grazie all’accesso che gli era garantito a canali Telegram gestiti dagli organismi mediatici ufficiali di Stato Islamico, ha più volte condiviso con altri utenti documenti di vero e proprio addestramento militare, attraverso i quali ha impartito istruzioni sul maneggio delle armi da fuoco, sulla fabbricazione di ordigni esplosivi improvvisati e sulle procedure operative e tattiche per la messa in atto di attacchi terroristici.
Durante l’operazione è stato arrestato anche Giuseppe Antonica, 29enne italiano, estraneo agli ambienti del radicalismo islamico, per detenzione illegale di arma da fuoco e reati inerenti agli stupefacenti. Sequestrato anche il materiale informatico su cui verranno effettuati ulteriori approfondimenti investigativi.
Gli elementi di indagine raccolti in ordine ai reati ipotizzati hanno consentito alla Procura della Repubblica di avanzare una richiesta di misura cautelare nei confronti dei due che il gip ha accolto emettendo un’ordinanza ai domiciliari con braccialetto elettronico e disponendo, in attesa, la misura della custodia cautelare in carcere.
Propaganda Jihadista: che cos’è?
Lo scopo dei gruppi jihadisti è quello di creare uno stato islamico governato unicamente dalla legge islamica, ovvero la Sharia.
Rifiutano la democrazia e i parlamenti eletti perché credono che Dio sia l’unico legislatore. L’Europol definisce il jihadismo come “un’ideologia violenta, che si serve dei concetti tradizionali islamici. I jihadisti legittimano l’uso della violenza con richiamo alla dottrina islamica tradizionale sulla jihad, un termine che significa letteralmente “lotta£ o “sforzo”, ma nella legge islamica è considerata sinonimo di guerra santa”.
La rete di al-Qaeda e il cosiddetto stato islamico sono i maggiori rappresentanti di gruppi jihadisti.
gli attacchi jihadisti sono stati effettuati principalmente da terroristi cresciuti e radicalizzati nel loro paese d’origine e non dai cosiddetti foreign fighters, individui che si recano in un paese straniero per unirsi a gruppi terroristici.
Nel 2019 si stima che il 60% circa di terroristi jihadisti era in possesso della cittadinanza del paese dove hanno attaccato o dove avevano intenzione di attaccare.