Le cure palliative sono degli interventi terapeutici e assistenziali che hanno lo scopo di alleviare quei sintomi associati ad una grave malattia, neoplastica o cronico-degenerativo. Caratterizzata da un’evoluzione inarrestabile e da una prognosi sfortunata, migliorando, al tempo stesso, la qualità della vita di una persona.
In modo particolare, sono focalizzate sull’aumento del comfort attraverso la prevenzione e il relativo trattamento del dolore. Oltre alla gestione dei sintomi, i capi saldi delle cure palliative sono:
- Comunicazione chiara
- Pianificazione anticipata
- Coordinamento delle cure.
Le cure palliative si concentrano a soddisfare i bisogni fisici, emotivi e anche spirituali dei pazienti e delle loro rispettive famiglie. Il tutto in modo che la malattia, abbia il minor impatto possibile sulla vita di tutti i giorno.
A che cosa servono e a chi sono rivolte le cure palliative
L’obiettivo finale è quello di migliorare la qualità della vita di una persona di fronte ad una malattia molto grave, cronica o potenzialmente letale, come il cancro e l’infezione da HIV o AIDS.
Solitamente, vengono erogate da un team specializzato da vari professionisti, che si coordinano per affrontare quelli che sono i bisogni medico-infermieristici, psicologici, pratici/normativi e anche religiosi di un individuo.
Qualunque persona abbia una malattia limitante per la vita, può beneficiare delle cure palliative. L’esempio classico è il cancro. Tuttavia, possono avere un ruolo nel trattare l’affaticamento, sperimentata dai pazienti in stato di dialisi, o la mancanza di respiro subita da quelli con un’enfisema (BPCO) o addirittura insufficienza cardiaca congestizia.
Quali sono i loro vantaggi
I vantaggi sono diversi. Oltre a migliorare la qualità della vita di una persona e della sua famiglia, possono in alcuni casi, anche prolungare la vita del paziente.
Secondo un’ultima recensione pubblicata sul Journal of Family Practice, se utilizzate nelle persone affette da carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico, aumentano la sopravvivenza in media del 24% rispetto a coloro che hanno ricevuto solo cure tradizionali.