Non è un bestseller ma “I morti vivono” per Eugenio Scalfari è stato un libro molto importante. L’ha scritto suo padre, Pietro, che lo fece pubblicare nel 1968 a sue spese e fatto ristampare dal fondatore di Repubblica nel 2017 dopo averlo ritrovato casualmente nella biblioteca comunale di Pinerolo.
E’ una raccolta di brani letterari su vari autori, riflessioni su scrittori celebri che Pietro Scalfari stampò in poche copie, un centinaio, e distribuì agli amici. Tra loro c’era anche qualche massone perchè il padre del giornalista apparteneva al Grande Oriente d’Italia, come il nonno Eugenio e il bisnonno Pietro Paolo che nel 1860 accolse Giuseppe Garibaldi nella sua città. Il fondatore di Repubblica nella stessa presentazione della ristampa ha ricordato che “il nonno era docente di italiano, latino e storia e poi fu preside del liceo di Monteleone, ma aveva tendenze politiche rivoluzionarie ed era un fratello della locale loggia massonica. Gli avi avevano fondato logge carbonare in tutto il Catanzarese”.
Il fondatore di Repubblica e gli avi massoni
Monteleone di Calabria è il luogo di origine della famiglia paterna e fu proprio il nonno Eugenio che nel 1928 riuscì a far cambiare il nome della città dopo lunghe battaglie culturali e averne scoperto il nome greco. E’ lo stesso giornalista a raccontarlo: “Hipponium, poi foneticamente modificato in Vibonium cui il senato romano aggiunse Valentia dopo che la città aveva resistito agli assalti di Annibale”.
La presentazione della ristampa del libro del padre Pietro per Eugenio Scalfari deve essere stato un dolce tuffo nel passato, tra i ricordi:
“Quest’uomo è stato molto strano, trascurabile, rimproverabile, affascinante, pieno di contraddizioni della quali non si è mai accorto. Generoso, coraggioso, infingardo, inconsapevole dei doveri, consapevole dei diritti. A me come estraneo è piaciuto. Come padre l’ho amato”.
E’ scritto nel libro “I morti vivono”. Una copia, preziosa, la custodisco anche io.
Stefano Bisi