Proseguono le indagini sulla morte di Leonardo Muratovic, il 25enne ucciso nella notte tra sabato e domenica ad Anzio, sul litorale romano: gli inquirenti cercano di capire il movente dell’omicidio e, per farlo, stanno ricostruendo la vita e le conoscenze della vittima. Si valuta ogni possibilità, tra cui quella di un regolamento di conti tra clan.
Omicidio Anzio, le dinamiche della tragedia
Le forze dell’ordine hanno acquisito tutte le immagini di sorveglianza vicino al Bodeguita Beach di Anzio, stabilimento dove è avvenuto l’omicidio di Leonardo Muratovic: secondo il racconto dei testimoni, intorno alle 2 di notte tra sabato e domenica è scoppiata una rissa dopo che il giovane – in compagnia della sua fidanzata e amici – aveva iniziato a battibeccare con un altro gruppo di ragazzi. Dopo che i buttafuori li hanno allontanati dallo stabilimento è iniziata la colluttazione tra i due gruppi, dove Muratovic ha ricevuto una coltellata in pieno petto: prima si è accasciato su una staccionata di legno davanti a una gelateria, poi è finito a terra dove stava perdendo molto sangue, morendo poco dopo essere stato trasportato in ospedale.
Il padre della vittima, Fahrudin, ha accoltellato due buttafuori del locale, rei secondo lui di non aver sedato la lite e di aver consegnato il figlio nelle mani del killer: ora è in stato di fermo e indagato per tentato omicidio. Gli inquirenti e i poliziotti del commissariato Anzio seguono molte piste: Muratovic aveva precedenti per ricettazione, così come i suoi amici avevano tutti almeno un precedente per droga, furto, rissa. Per gli investigatori questi sono tutti motivi che fanno pensare all’omicidio di Anzio come una guerra tra clan per accaparrarsi il territorio sul litorale per impiantare affari illegali, come il traffico di droga.
Chi era Leonardo Muratovic, la vittima
Anzio è stata teatro dell’omicidio di Leonardo Muratovic, pugile 26enne di origini croate: da sempre appassionato di boxe, aveva disputato diversi match dilettantistici nella categoria dei pesi medi, sia in Italia e all’estero. Viveva ad Aprilia, dove lavorava e si allenava sempre con il sorriso, come racconta il fratello Daniel nel corso di un’intervista all’Adnkronos, dove esclude che Leonardo potesse essere coinvolto in un brutto giro:
“Mio fratello è uno che portava il sorriso anche quando non lo avevamo, quando eravamo tristi. Era felice, un ragazzo educato, se serviva una mano aiutava il più debole, che se aveva un euro in tasca lo donava e restava senza. Nel momento più buio Leonardo arrivava portando allegria, era il sole nel buio. Ultimamente mi aveva detto di star meglio, di sentirsi bene, che la sua vita stava migliorando, che aveva iniziato a credere in Dio, che era contento, che si era fidanzato. Lavoricchiava, stava a casa con mamma e papà. Era felice e con il sorriso lo hanno portato via. Leo non aveva brutte conoscenze, non penso proprio. Era uno sportivo, un bravissimo ragazzo legato alla sua famiglia e agli amici. Però c’erano tanti, tantissimi testimoni. Tra Anzio e Aprilia, qualcuno sa chi è il killer di mio fratello: da quanto mi è stato riferito, Leo era nel locale e due uomini della sorveglianza lo hanno rintracciato all’interno e accompagnato fuori dove lo stavano aspettando. Ecco perché dico che è stato consegnato”
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