Quante persone possono vantarsi di aver rifiutato l’incarico di senatore a vita offertogli dal presidente della Repubblica Italiana? Forse nessuno a parte lui: Indro Montanelli. La motivazione di questo rifiuto è semplice: Indro Montanelli era un giornalista, e un giornalista deve rimanere indipendente per poter svolgere al meglio il proprio lavoro, il suo compito “deve essere quello di narratore e non di attore”. Di lui, infatti, possiamo affermare che il suo lavoro lo faceva bene, tanto da esser considerato il miglior giornalista che il nostro paese abbia mai avuto.
Conservatore, moderato, patriottico ma anche fortemente e visceralmente anticomunista, Montanelli è forse stato la risposta migliore della destra a chi sostiene che la cultura sia prerogativa della fazione opposta. Tuttavia il vero spessore umano e culturale di un uomo si vede dall’oggettività dei propri giudizi e dall’onestà intellettuale delle proprie idee. Montanelli con la sinistra non aveva nulla a cui spartire, lo testimonia la sua coerenza professionale: non appena il Corriere Della Sera si spostò a sinistra si congedò senza troppi patemi, per il suo filo americanismo e la sua avversione al Pci. Sempre grato fu infatti agli americani per aver liberato il paese dal pericolo bolscevico. Ma non lesinò mai di fare apprezzamenti sui dirigenti comunisti per la loro onestà e il loro valore politico. Uno su tutti quel Palmiro Togliatti, sempre stimato e rispettato anche se avversario.
Poche persone come lui influenzavano a tal punto l’opinione pubblica da decidere in parte l’esito delle elezioni politiche. Negli anni ‘70 dopo aver lasciato il Corriere e aver fondato un giornale suo, “Il Giornale Nuovo” partorì la sua frase forse più celebre, o comunque rimasta alla storia: “Turatevi il naso ma votate Dc”. Fu questa la frase che permise alla Dc di resistere all’avanzata del Pci di Berlinguer e di evitarne il sorpasso alle politiche.
Il suo anticomunismo non passò inosservato alle Brigate Rosse, che negli anni più caldi della storia recente del nostro paese, “gli anni di piombo”, “gambizzarono” il giornalista toscano sparandogli 4 colpi di pistola.
Le proprie idee, seppur schierate dovevano restare indipendenti. È questa la ragione che lo condusse alla rottura con Silvio Berlusconi, in un primo momento stimato per le sue qualità imprenditoriali, poi respinto perché in disaccordo con la sua discesa in politica. Berlusconi era l’editore della testata “Il Giornale” di cui Montanelli aveva assunto la direzione. Motivo sufficiente per veder minata la sua libertà di giornalista. Fondò quindi un’altra testata, “La Voce”, che diede voce all’opposizione liberal-democratica durante il primo governo Berlusconi.
Niente spiega meglio delle sue parole questo elementare quanto fondamentale concetto: “Sono stato costretto a fondare un nuovo giornale, dato che è divenuta incolmabile l’incompatibilità tra la mia indipendenza e quello che voleva l’editore dopo il suo ingresso in politica”.
Come ogni toscano che si rispetti Montanelli era così: diretto schietto e senza peli sulla lingua, non risultava mai banale. Quando, nel 2001, all’età di 92 anni ci ha lasciati ha voluto egli stesso scrivere il proprio necrologio a pochi giorni dalla sua dipartita. Perché in fondo nessuno meglio di Montanelli, poteva scrivere di Montanelli. “Il più grande giornalista italiano di sempre”.
Ugo Cataluddi