Qualcuno avverta Sergio Mattarella che Mario Draghi, ancora oggi, non ne vuol sapere di recedere dalle sue dimissioni. E ditegli anche che se nella sua “letterina” non ha scitto anche la parola “irrevocabili” è soltanto per il rispetto che nutre nei suoi confronti. Non perchè non avrebbe voluto farlo. Insomma, fino al momento nulla di fatto. I contatti tra le parti ci sono ma finora non sono serviti a nulla. Per questo chi conosce Mario Draghi descrive la sua posizione come “inamovibile”. Sulle dimissioni non avrà ripensamenti, il presidente del Consiglio andrà dritto. A ben poco servirà il pressing dei partiti, a cominciare del Pd.
Di certo non sta aiutando lo spettacolo che va in scena in casa M5S, dove ci si interroga su un eventuale verifica di maggioranza e salgono le quotazioni del no a Draghi a prescindere. Ma al netto di tutto, per l’ex numero 1 della Bce non ci sono più le condizioni per andare avanti, perché è venuta a mancare quella ampia convergenza tra forze politiche così diverse tra loro ma chiamate ad intestarsi un governo di unità nazionale per fronteggiare l’emergenza Covid. Così come non è pensabile un bis che regga su una maggioranza diversa di quella su cui ha impostato l’azione del suo governo, ad esempio tenendo fuori il M5S. Vale quanto detto in più occasioni: nessun Draghi 2, “questo è l’ultimo governo della Legislatura come premier”.