Torna a salire nel nostro paese il livello in percentuale dell’inflazione che, come conferma l’Istat, si attesta nel mese di giugno con un’accelerazione all’8%. Questo valore non si registrava da gennaio 1986 con un valore pari all’8.2%. Nell’Eurozona quindi si continuano a macinare record negativi in questo momento di estrema crisi finanziaria, dovuta prima alla pandemia e poi al conflitto tra Russia ed Ucraina.
Le componenti che caratterizzano l’inflazione record
La principale componente a incidere sulla crescita dell’inflazione media è stata l’energia, comparto nel quale l’aumento su base annua è stato a giugno del 41,9% rispetto al 39,1% di maggio. I beni energetici dei quali ha parlato anche il Premier Mario Draghi hanno inciso maggiormente ma non solo, coinvolgendo anche beni come gli alimenti e, in misura più contenuta, i servizi. Lo stesso Draghi ne ha parlato durante il Consiglio Europeo. I dati, inoltre non hanno creato scompiglio nella politica interna o estera ma soprattutto si riflettono su una crescente compressione delle famiglie e delle imprese in tutto il blocco europeo. Solo la Germania, l’economia numero uno del continente, ha visto un rallentamento grazie ai tagli alle tasse sul carburante e agli sconti sui trasporti pubblici che sono temporanei.
L’analisi Istat sull’inflazione record
L’Istat si sposata quindi sull’accelerazione dei prezzi degli alimentari, lavorati e non, spingono ancora più in alto la crescita di quelli del cosiddetto carrello della spesa al +8,3%, secondo le statistiche preliminari. Anche in questo caso è l’incremento più elevato a gennaio 1986, quando fu +8,6%. La soluzione per ristabilire il potere d’acquisto dei cittadini italiani, passa inderogabilmente dal Pnrr nel primo semestre il governo è riuscito a tagliare 45 dei 100 traguardi previsti per il 2022. Ma ora bisognerebbe correre per raggiungere tutti gli altri obiettivi e arrivare al 31 dicembre con le carte in regola. In bilico c’è una rata di 22 milioni.
L’impatto sul ceto meno abbiente
Le conseguenze del livello dell’inflazione record sono indubbiamente ricadute sulle famiglie meno abbienti. I beni coinvolti, infatti, sono in misura maggiore sulle spese delle famiglie meno abbienti e con minore capacità di spesa. Per loro passa dal +8,3% del primo trimestre al +9,8% del secondo trimestre, mentre per quelle più abbienti accelera dal +4,9% al +6,1%. Pertanto, il differenziale di classe si amplia a 3,7 punti percentuali.