La Commissione medica dell’Azienda sanitaria delle Marche ha confermato che un paziente di 44 anni può accedere alla forma di eutanasia del suicidio medicalmente assistito, tuttavia manca il passaggio successivo che illustri le modalità del farmaco. Non è la prima volta che si assiste a questo iter: era già accaduto con Federico Carboni, primo paziente in Italia che ha ottenuto il fine vita lo scorso 17 giugno, e con il corregionale Fabio Ridolfi, scomparso il 13 giugno tramite sedazione profonda.
Eutanasia, tutto ruota intorno al farmaco che pone fine al battito
Ci risiamo, il percorso di eutanasia tramite suicidio medicalmente assistito presenta un nuovo deja-vù relativo al dossier di un 44enne residente nelle Marche, per cui l’Asur (l’azienda sanitaria regionale) ha ottenuto l’ok da una Commissione medica incaricata di valutare i parametri sul fine vita dell’uomo.
L’uomo, tetraplegico dal 2014, ha trovato accoglimento alle proprie richieste dopo oltre due anni di carte e burocrazia. La base rimane la sentenza del caso di Dj Fabo e anche in questa circostanza al fianco dell’individuo è presente l’Associazione Luca Coscioni. Un verdetto che però non si dimostra risolutivo, dal momento che manca una copia della relazione e soprattutto non si indica quale farmaco vada somministrato al paziente. A negare il proseguimento è intervenuto anche il Comitato etico, che per legge deve esprimersi sul singolo caso: ebbene, pur confermando il pieno riscontro, non è stato ritenuto opportuno procedere al fine vita. Comunque, il parere del Comitato non è vincolante poiché non considera la volontà del malato.
C’è tanta frustrazione tra i vertici dell’Associazione Luca Coscioni, che sbatte nuovamente contro lo stesso muro:
“Ci ritroviamo a un punto simile rispetto al caso di Fabio Ridolfi, che fu costretto a scegliere la via della sedazione profonda. Ancora una volta la Commissione non si espone sulle modalità del fine vita, lasciando l’intera responsabilità all’individuo. Noi abbiamo già inoltrato all’Azienda Sanitaria delle Marche il parere di un esperto che suggerisce un farmaco specifico e le sue modalità di somministrazione”.
“Come Associazione Luca Coscioni abbiamo redatto una proposta di legge regionale che, nel rispetto delle competenze delle regioni, prevede piena applicazione della sentenza Cappato anche alla luce dell’ultima comunicazione del Ministro della Salute, il quale sancisce l’obbligo di rispetto e di applicazione del giudicato costituzionale e comunica altresì ai Presidenti di regione che la parte di assistenza al malato successiva alle relazioni e ai pareri deve essere a carico del servizio sanitario regionale o nazionale”.
Anche il 44enne, direttamente interessato, si augura che qualcosa cambi per il futuro:
“Questa attesa si è fatta davvero prolungata. Non capisco i motivi di non pronunciarsi sul farmaco, visto che poi è comune a tutti i casi. Al contrario, sono convinto della mia decisione e vengo trattato come un bambino incapace di scegliere. Al momento non escludo l’ipotesi di riaprire la pratica avviata in Svizzera, non voglio più aspettare i comodi altrui”.
Insomma, il tema legato al suicidio assistito continua a creare dibattito per diverse ragioni, non solo politiche. Resterà da capire se alla fine al centro di tutte le argomentazioni verrà posto l’interesse del paziente o se resterà ancora a lungo questo velo di incertezza.