Recentemente negli Stati Uniti d’America la Corte Suprema ha abolito il diritto di abortire alle donne americane. Questo ha fatto molto scalpore logicamente e la paura che questa ondata possa arrivare ad incidere anche sull’aborto in Italia è presente.
Tuttavia, in Italia una specifica norma sull’interruzione volontaria di gravidanza protegge i diritti delle donne presenti nel nostro Paese. Ecco cosa dice la legge.

Che cos’è l’interruzione volontaria di gravidanza: a chi rivolgersi e come funziona

Il termine aborto viene utilizzato comunemente dalle persone per indicare quella che in realtà si chiama “interruzione volontaria di gravidanza”.
Questa procedura viene disciplinata all’interno delle disposizioni che vengono indicate nella Legge n. 194 del 22 maggio 1978.
Questa normativa nazionale concede alla futura madre la possibilità di interrompere la propria gravidanza entro un determinato periodo di tempo e qualora ricorrano delle specifiche condizioni che rendono impossibile il proseguimento della stessa.
Le motivazioni che possono permettere l’aborto in Itala sono le seguenti:

  • fisiche;
  • psichiche;
  • sociali;
  • economiche.

In questi casi ci si potrà rivolgere ad uno dei seguenti soggetti:

  • il consultorio familiare;
  • il medico di famiglia;
  • il pronto soccorso.

La procedura dovrà necessariamente partire entro il termine massimo di 90 giorni, ovvero di 3 mesi, dal momento in cui è stato concepito il bambino.

Aborto in Italia: ecco che cosa dice la legge

L’aborto in Italia è assolutamente legale, purché venga effettuata entro 90 giorni dal concepimento e per motivazioni che siano legate alla salute, sia fisica che mentale, alla famiglia, alla società oppure alle condizioni economiche.
Questa pratica viene disciplinata dalle disposizioni che sono contenute all’interno della Legge n. 194 del 22 maggio 1978, la quale descrive la procedura che bisognerà seguire per poter interrompere la gravidanza:

  • la verifica delle motivazioni presentate;
  • la ricerca di possibili soluzioni per risolvere i problemi;
  • la certificazione;
  • l’intimazione di attendere 7 giorni per prendere la decisione definitiva, a meno che l’interruzione della gravidanza non si renda necessaria con carattere di urgenza.

Secondo la suddetta legge, la donna ha la prima e l’ultima parola sulla decisione finale e l’eventuale uomo per poter intervenire deve essere autorizzato dalla stessa.
L’obiettivo principale che si pone questa norma è quello di garantire la tutela sotto ogni aspetto, sia della madre che del futuro bambino stesso, oltre che di prevenire dei possibili abusi di questa pratica che possono essere effettuati mediante i cosiddetti “aborti clandestini”.
In tal senso, infatti, il Ministero della Salute presenta ogni anno al Parlamento una relazione nella quale mostra i dati relativi all’aborto in Italia.

Come funziona l’aborto in Italia quando la mamma è minorenne

Le regole sono diverse nel caso in cui la mamma incinta sia minorenne. In questa circostanza, infatti, la donna dovrà necessariamente richiede il consenso di entrambi i suoi genitori o del suo tutore legale.
Questa regola vale soltanto nel caso in cui la ragazza voglia abortire e non nel caso in cui voglia proseguire la gravidanza, mentre i suoi genitori vorrebbero farla abortire.
In quest’ultimo caso la decisione spetta alla ragazza minorenne e i genitori non potranno in alcun modo manipolare questa decisione.
La procedura prevede che la ragazza contatti il consultorio, il medico di famiglia o il pronto soccorso per redigere una relazione, la quale verrà inviata al giudice tutelare che, entro 5 giorni, convoca la ragazza per autorizzare o negare l’aborto.

Quanto costa l’aborto in Italia

L’ordinamento giuridico nazionale prevede dei requisiti specifici che consentono di non poter fare l’aborto in ogni caso, ma che si potrà effettuare solamente in alcune situazioni.
Perciò, l’aborto in Italia è una pratica completamente gratuita, dal momento che risulta essere un diritto di ogni donna. Dunque, se dovesse essere a pagamento sarebbero escluse le donne povere, ma così non è.
La mancanza di costi per operare l’interruzione volontaria di gravidanza è valida solamente se la mamma si reca in una struttura del Servizio sanitario nazionale.