Privacy nel digitale sempre più sotto attacco, con la spinta alla digitalizzazione data dalla pandemia. L’anno scorso sono raddoppiate le segnalazioni al Garante di violazioni di dati personali, che hanno superato quota 2000 e hanno riguardato in molti casi proprio la sfera della salute delle persone. Un anno – come emerge dalla relazione annuale dell’Autorità – caratterizzato ancora dall’impatto dell’emergenza sanitaria su tutti i settori della vita nazionale e dal ricorso massiccio alle piattaforme on line. Eventi che hanno portato a interventi normativi a livello nazionale ed europeo, spesso controversi, ai quali il Garante ha contribuito in maniera decisiva.
Nella lotta alla pandemia – ha sottolineato il presidente dell’Autorità Pasquale Stanzione nel suo intervento in Senato – l’Europa ha evidenziato “la capacità di coniugare libertà e solidarietà senza consentire prevaricazioni dell’una sull’altra. E in questo gioco di equilibri, la privacy ha dimostrato di essere un diritto mai tiranno, duttile nelle soluzioni di volta in volta richieste”. Ma, anche in prospettiva, la sfida più grande appare quella dell’evoluzione tecnologica che determina – come precisato da Stanzione – “non solto nuove vulnerabilità ma addirittura nuove soggettività che esigono tutela: tra tutti, il “gemello digitale” di ciascuno di noi in quella dimensione sempre più “iperreale” che appare il Metaverso”.
La tutela della privacy nel digitale con la cybersecurity
Si passa, inevitabilmente, anche attraverso la cybersecurity, soprattutto dopo l’aumento delle minacce via mail. La protezione dei dati – ha continuato – “può rappresentare uno strumento importante di tutela inclusiva, perché una tecnica sempre più ingiuntiva non degeneri in egemonia dell’algoritmo. L’obiettivo da perseguire è promuovere una vera e propria civiltà digitale, in cui la direzione dell’innovazione sia ancora agita e non subita dall’uomo”. Negli ultimi mesi la guerra non ha portato solo morte e distruzione in Ucraina, ma ha provocato effetti economici e contraccolpi anche sul fronte della sicurezza digitale negli altri paesi. “Se la guerra convenzionale soggiace alla logica territoriale del confine, la sua componente cibernetica ne prescinde mettendo in gioco anche i Paesi che non partecipano direttamente alle ostilità – ha affermato Stanzione -. L’Enisa ha calcolato che oltre un terzo dei trecento attacchi cyber verificatisi tra Russia, Ucraina e Bielorussia, dall’inizio delle ostilità, ha avuto implicazioni nell’Ue: anche sotto questo profilo la guerra impone una strategia comune di difesa. La protezione della frontiera digitale assume una funzione prioritaria nella tutela dei singoli e degli Stati”.