Farà certamente discutere la decisione del Tribunale di Milano di consegnare a una donna vedova l’accesso a password e account del defunto marito. Il dibattito giudiziario sulla privacy è ufficialmente aperto.
Account e password, quando la libertà digitale fa andare oltre la semplice informazione
Risale a qualche giorno fa la sentenza del Tribunale di Milano che ha autorizzato una donna appena diventata vedova a ricevere l’intera eredità digitale del marito, password e account compresi.
In breve, la donna aveva chiesto l’accesso agli account social del defunto marito dichiarando di voler agire nell’interesse dei figli (entrambi minorenni) per cercare qualsiasi testimonianza di addio che il padre avrebbe lasciato all’interno dei propri profili, oltre a ulteriori elementi che integrassero il testamento scritto. Tuttavia, Apple, Microsoft e il gruppo Meta, a cui appartengono Facebook, Instagram e WhatsApp, avevano negato il permesso in assenza di una validazione firmata da un giudice. Presto detto, la donna ha accontentato le richieste delle big tech americane ottenendo l’accesso illimitato all’eredità digitale del marito.
Il tema è abbastanza discusso perché porta sotto i riflettori una clamorosa falla del sistema giudiziario. Il regolamento Ue in materia di trattamento dei dati personali è estremamente chiaro, tuttavia apre lo spiraglio di poter aggirare le norme se l’interesse per cui si chiede l’accesso è meritevole di accoglimento. Di solito rientrano in questa casistica eccezionale i dati sanitari di un defunto, i dati Inps e dell’Agenzia dell’Entrate e anche i dati bancari, riconosciuti parte integrante dei diritti patrimoniali degli eredi. Per quanto concerne l’identità digitale, l’interessato ha la facoltà di negare l’accesso informando in maniera libera il provider del servizio internet.
Il legale della donna: “Risulta evidente che ci sia una falla normativa”
Il legale della donna, l’avvocato Marco Meliti, commenta così la pronuncia del Tribunale:
“L’accoglimento della nostra domanda conferma che i dati contenuti nei nostri account possono entrare a far parte dell’eredità. Nel caso specifico, l’esito positivo si deve all’interesse meritorio di tutela dei figli minori, tuttavia è evidente che la norma sia eccessivamente aggirabile e soggetta all’interpretazione. Le condizioni generali di un contratto matrimoniale dovrebbero prevedere una clausola specifica in cui si vieta l’accesso all’archivio digitale in maniera inequivocabile. Altrimenti, nel momento in cui vengono fornite le chiavi dell’account a terzi si entra poi in possesso di tutta una serie di informazioni in eccesso rispetto a quelle che effettivamente sarebbero di oggettiva utilità. Una dimostrazione della complessa regolamentatoria del mondo digitale”