Laicità. Una parola che merita continue riflessioni e che voglio proporvi secondo il pensiero di tre uomini di fede, il papa Giovanni Paolo II, padre Enzo Bianchi e il cardinale Carlo Maria Martini.
Per Giovanni Paolo II “essa è il rispetto di tutte le fedi da parte dello stato, che assicura il libero esercizio delle attività spirituali, culturali e caritative delle diverse comunità”.
Enzo Bianchi sostiene che “la laicità dello stato è quella opzione di fondo che consente di reinventare continuamente strumenti condivisibili e linguaggi comprensibili da tutti, di garantire presidi di libertà e di non sopraffazione, di difendere la dignità di ciascuno, a cominciare da quelli cui viene negata, di consentire a ciascuno di ricercare, anche assieme ad altri, la pienezza di senso per la propria vita”.
Dal muro contro muro al rispetto, un termine che sembra eresia
Un maestro di laicità può essere considerato Carlo Maria Martini. In uno scambio di opinioni con un lettore del Corriere della Sera dimostrò la sua capacità di capire gli altri, anche quelli che Paolo VI chiamava “i distanti”. Un lettore non credente scrisse al cardinale: “Quella cosa bellissima che è la vita non ha potuto crearla nessun altro che un essere straordinario”. Martini gli rispose: “Nonostante la differenza tra il mio credere e la sua mancanza di fede siamo simili; lo siamo come uomini nello stupore davanti al creato e alla vita”. Il cardinale non amava il muro contro muro, non aveva certezze inossidabili. Aveva un atteggiamento laico, di rispetto, quella parola così semplice da pronunciare ma che in questi tempi carichi di odio sembra un’eresia.
Stefano Bisi