Comincia oggi 4 luglio, il processo di appello bis nell’ambito della vicenda di Stefano Cucchi. Alla sbarra: il maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appio e  Francesco Tedesco, il militare che con le sue dichiarazioni ha fatto riaprire le indagini sul caso. La Cassazione, il 4 aprile scorso, ha disposto infatti un nuovo processo di secondo grado nell’ambito dell’udienza nella quale i giudici hanno reso definitiva la condanna a 12 anni di carcere per i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele accusati di omicidio preterintenzionale. Ilaria Cucchi ne ha parlato a “Giallo d’Estate” su Cusano Italia TV.

Caso Cucchi, Ilaria: “Spero che la prescrizione non salvi i condannati”

Intervistata da Fabio Camillacci e Aurora Vena, la sorella del geometra romano ha detto:

“Il maresciallo Roberto Mandolini è stato colui che si è sentito talmente intoccabile da continuare per anni a offendermi sui social raccontando la sua verità con la sua divisa piena di stellette. Quindi, mi auguro che Mandolini non la faccia franca. Vado avanti con la forza che mi danno tutti quei romani che quotidianamente incontrandomi mi dicono ‘daje Ilaria’. Intanto -ha aggiunto Ilaria Cucchi- la sentenza resa definitiva dalla Corte di Cassazione con tanto di motivazioni, è importantissima perché ai due responsabili del pestaggio e della morte di mio fratello sono state tolte le attenuanti e poi perché questa sentenza non è importante solo per Ilaria Cucchi e per la sua famiglia ma diventa importante per tutti coloro che hanno diritto di credere in una giustizia che sia davvero giusta e uguale per tutti. Inoltre, questa sentenza diventa importante anche per tante persone che si sentono di non avere la forza, si sentono indifesi, non tutelati, di fronte a uno Stato che come nel nostro caso di fatto, di punto in bianco, non solo ti abbandona, ti volta le spalle, ma diventa il tuo peggior nemico. Tutto questo è testimoniato anche dall’atmosfera terribile che si respirava nelle aule di giustizia in tutti questi anni di processi. Ovvero un atteggiamento di netta superiorità da parte degli indagati, degli imputati, rispetto a noi semplici cittadini ma anche rispetto al giudice; e questo veramente fa paura perché la dice lunga sul senso d’impunità di queste persone che invece alla fine sono state condannate per depistaggio e mi riferisco soprattutto alla scala gerarchica dei carabinieri. Fortunatamente si tratta solo di mele marce rispetto alla storia dell’Arma. Certo, purtroppo adesso in vista degli altri gradi di giudizio incombe il rischio della prescrizione e queste stesse persone che hanno depistato rischiano di farla franca. Come già accaduto per i medici di quel reparto detentivo dell’ospedale, che non vennero assolti ma solo salvati dalla prescrizione. E questo è grave perchè Stefano fu letteralmente abbandonato dai medici”.

“Stefano morto nell’indifferenza generale”

Ilaria Cucchi ha rimarcato come

“Stefano sia morto nell’indifferenza generale, visto che in quei giorni è entrato in contatto con più di 150 persone tra cui quell’agente di polizia penitenziaria a cui Stefano avrebbe detto di essere stato picchiato selvaggiamente da chi lo aveva arrestato. Ecco, quell’agente è stato capace di dire ‘da quel momento in poi ho deciso di prendere le distanze pensando che ognuno dovesse rimanere al suo posto’. Tutto questo faccio fatica a perdonarlo -ha concluso Ilaria Cucchi- soprattutto perché il modo con cui lo hanno trattato, impedendoci di vederlo, hanno spinto Stefano a morire di inedia facendolo morire nella convinzione che la sua famiglia lo avesse abbandonato. Oltretutto, la morte di Stefano, la via crucis processuale e il comportamento cattivo di tante persone, hanno fatto gravemente ammalare i miei genitori”.