Si concluderà al processo la denuncia presentata dal ministro della Salute Roberto Speranza nei confronti di quattro persone responsabili di aver inoltrato nei suoi confronti una serie di minacce di morte più o meno velate. Le missive risalgono al periodo compreso tra ottobre 2020 e gennaio 2021.
Covid, nessun legame tra gli accusati di minacce al ministro Speranza
Quattro individui di età compresa tra i 36 e i 56 anni finiranno a processo per rispondere di una lista di messaggi minatori diretti al ministro della Salute Roberto Speranza. Le parole offensive, come “Ci vediamo in obitorio”, “ti spelliamo vivo” o “ti ammazziamo la famiglia”, sono state rivolte sia nella sezione commenti dei profili social ufficiali del ministro che attraverso delle mail recapitate personalmente all’indirizzo di posta elettronica.
Proprio l’identità digitale, o meglio il totale anonimato dietro cui si erano nascosti, ha permesso di risalire ai quattro uomini che da una prima indagine non sarebbero collegati tra loro e residenti in parti diverse dello Stivale. La Procura di Roma ha disposto la citazione in giudizio nei loro confronti con l’accusa di minacce aggravate, data d’inizio fissata per il prossimo 20 settembre.
Il ministro della Salute ritorna a parlare in pubblico
Intanto il ministro Speranza ritorna dopo la quarantena a un evento pubblico. Al 25esimo Congresso nazionale di Anaao Assomed, il sindacato dei medici del Servizio sanitario nazionale, in corso a Napoli, il capo del dicastero della Salute continua a sottolineare come la pandemia non sia ancora alle spalle:
“Dopo questi 2 anni tremendi ed estenuanti rimane sotto gli occhi di tutti il fatto che non abbiamo ancora vinto la battaglia contro il covid-19. Spesso vengo etichettato come un ministro molto duro, che segue solo la linea del rigore. Io dico che ogni scelta, anche la più sofferta, è stata compiuta in piena coscienza, in piena convinzione, in un dialogo costante con la nostra comunità scientifica”
“A costo di apparire ripetitivo, dobbiamo continuare a osservare un atteggiamento di consapevolezza e di prudenza, perché è oggettivo che siamo in una fase diversa e abbiamo strumenti che un anno fa pregavamo di poter disporre. Sarà inoltre importante essere pronti a intensificare la campagna di vaccinazione in autunno, che deve vederci ancora protagonisti, chiaramente con l’auspicio di vaccini adattati alla nuova variante”
Due nuovi casi di camici bianchi indagati
Tornando alla cronaca giudiziaria, emergono due nuovi casi di medici deferiti per la somministrazione di false vaccinazioni con lo scopo di ottenere il green pass. Si tratta del 67enne toscano Federico Calvani e del 68enne valdostano Silvio Boggio. Entrambi riscuotevano ingenti quantità di denaro per falsificare i documenti in modo tale da garantire ai non vaccinati il certificato verde.
Nel caso di Calvani il gup di Pistoia ha condannato il medico a 5 anni di detenzione e a un’ammenda di 60mila euro. A innescare le indagini delle autorità era stata una segnalazione di una cittadina di Prato, insospettita dal fatto che il figlio dichiaratamente no-vax circolasse con il green pass sul telefonino.
Più lievi le accuse a Boggio, operativo a Gressoney, in cui i casi accertati di falso in atto pubblico sarebbero almeno quattro. Gli episodi sarebbero più recenti e legati all’ottenimento della certificazione verde rafforzata: il prossimo 5 luglio il medico è convocato in aula per rispondere delle accuse.