Oggi il Covid sembra arrivato al crepuscolo. Tra la guerra in Ucraina, il caro prezzi e le travagliate vicende politiche, l’attenzione al virus che per due anni ci ha tenuto sotto scacco è andata via via calando. E c’è poco da biasimare perché il momento della convivenza con il virus, quel tanto agognato post-covid, in effetti è in atto.
Covid, oggi ancora in fase pandemica?
Tuttavia questa nuova fase epidemica, che vede correre i contagi ma non malattia e decessi, è caratterizzata da alcune ombre. Un’incertezza che tra le altre cose, ha portato oggi ministero del Lavoro, della Salute e Inail a valutare cosa fare dopo il 30 giugno, quando scadrà il protocollo che disciplina le norme anti Covid sui luoghi di lavoro. In particolare, l’obbligo di indossare della mascherina.
Dagli esperti intanto arriva un quadro secondo il quale, come sottolinea il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, siamo ancora “in una fase pandemica” e l’ondata attualmente in corso destinata a crescere.
La versione Omicron 5 poi, “può essere forse considerato il virus più contagioso al mondo” precisa Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia. “E proprio in questa caratteristica sta la sua pericolosità: rispetto al coronavirus che ci ha travolto come uno tsunami nelle prime fasi della pandemia è sicuramente meno aggressivo, ma resta problematico perché nel provocare tante infezioni può arrivare facilmente anche alle persone più fragili”.
Fino alla scorsa settimana, infatti, la nuova variante Covid Omicron BA5 era considerata come responsabile di un quarto dei casi di positività e oggi potrebbe aver superato il 50%. E, come ha spiegato il presidente dell’Aifa Giorgio Palù, è “molto diversa dalle precedenti, più immunoevasiva e può sfuggire anche alla quarta dose“.
Insieme ai contagi sono tornati a crescere, chiaramente, anche i tamponi. Non i molecolari o quelli effettuati nelle farmacie con obbligo di notifica, ma i test fai da te. Una situazione che, secondo il segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale, Silvestro Scotti, facilita la diffusione proprio perché viene a mancare la registrazione della positività. In altre parole, molte persone con sintomi riconducibili al Covid chiedono terapie al proprio medico, ma rifiutano il tampone per non essere costrette all’isolamento.
Insomma, in due anni l’atteggiamento verso il virus è molto cambiato. Legittimo e anche necessario. È importante però che la fuoriuscita dalla fase pandemica continui ad essere un percorso graduale e mai troppo scontato.