I leader del G7, tra cui il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il primo ministro britannico Boris Johnson hanno proposto un piano orientato alla competizione con la Belt and Road Initiative cinese. Il piano in questione mobiliterà 600 miliardi di dollari di finanziamenti per i Paesi in via di sviluppo. 

“Il piano produrrà investimenti per tutti”

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha affermato che il piano fornirà rendimenti per tutti. L’iniziativa infrastrutturale multimiliardaria della Cina è criticata per aver colpito nazioni con troppi debiti.

Voglio essere chiaro. Questo non è aiuto o beneficenza. È un investimento che produrrà rendimenti per tutti.

Ha detto Biden.

Il programma, secondo Biden, consentirebbe ai Paesi di vedere i vantaggi concreti della collaborazione con le democrazie. Il piano invita i leader del G7 a raccogliere 600 miliardi di dollari in cinque anni per finanziare il lancio di progetti infrastrutturali nei paesi a reddito medio e basso.

Gli Stati Uniti hanno promesso di raccogliere 200 miliardi di dollari del totale attraverso sovvenzioni, fondi federali e investimenti privati, mentre l’UE ha annunciato altri 300 miliardi di euro. L’iniziativa sarà orientata alla lotta ai cambiamenti climatici, al miglioramento della salute globale, al raggiungimento dell’equità di genere e alla costruzione di infrastrutture digitali.

Cina: grande spendaccione o strozzino?

Alcune delle iniziative evidenziate includono un progetto a energia solare in Angola, un impianto di produzione di vaccini in Senegal e un cavo per telecomunicazioni sottomarino di 1.609 km che collega Singapore alla Francia attraverso l’Egitto e il Corno d’Africa.

Il piano è stato presentato come un modo per contrastare l’ambiziosa Belt and Road Initiative (BRI) della Cina. Lanciata dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013, la BRI fornisce finanziamenti ai paesi emergenti per costruire infrastrutture come porti, strade e ponti.

Sebbene abbia sviluppato legami commerciali, è stato anche criticato come mezzo per fornire “prestiti predatori”, costringendo i paesi gravati dal debito a cedere attività chiave se non riescono a soddisfare il rimborso del debito.