Aborto USA, Samuel Jackson si scaglia contro il giudice Clarence Thomas e denuncia che altri diritti civili acquisiti potrebbero ora essere in pericolo.
Aborto USA, Samuel Jackson ritiene che la sentenza metta in pericolo altri diritti civili
La decisione con cui la Corte Suprema ha abolito la storica sentenza Roe v. Wade che, dal 1973, riconosceva costituzionalmente il diritto all’interruzione di gravidanza, sta scatenando proteste in tutta la nazione, a partire dal presidente Joe Biden.
Anche Hollywood sta facendo sentire la sua voce, e l’ultima a levarsi in ordine di tempo è quella di un attore da sempre in prima linea nella difesa dei diritti civili e senza peli sulla lingua. Samuel L. Jackson, attore feticcio di registi del calibro di Quentin Tarantino e Spike Lee, ha scritto su Twitter una frase provocatoria, rivolta al giudice della Corte Suprema Clarence Thomas.
“Che ne pensa Zio Clarence di abolire anche la sentenza Loving v. Virginia??!!”
Jackson fa riferimento al caso giudiziario che, nel 1967, pose fine alle restrizioni che impedivano i matrimoni interrazziali negli Stati Uniti, e l’attore non cita a caso quella sentenza. Thomas, afroamericano ― che Jackson chiama in tono polemico ‘Zio Clarence’, riferendosi allo Zio Tom del romanzo La Capanna dello Zio Tom di Harriet Beecher Stowe, stereotipo dell’afroamericano servile e accondiscendente verso l’autorità dei bianchi ― è, infatti, sposato dal 1987 con Ginni Thomas, bianca.
L’attore attacca così la posizione che il giudice della Corte Suprema aveva espresso nel pronunciamento della sentenza. Secondo Thomas, la Corte avrebbe dovuto riconsiderare anche altre sentenze del passato, come quella Griswold v. Connecticut del 1965, che garantiva costituzionalmente il diritto all’uso di contraccettivi per le coppie sposate, o quella Obergefell v. Hodges del 2015, che riconosce i matrimoni omosessuali. Jackson, da un lato, accusa l’ipocrisia di Thomas, che non inserisce nel suo elenco una sentenza che lo riguarda in prima persona; dall’altro, denuncia quanto sia grave la situazione dopo la sentenza anti-abortista della Corte Suprema, segnalando come molti altri diritti civili acquisiti siano ora in pericolo.
Gli Studios di Hollywood e il sostegno ai dipendenti in caso di aborto
L’intervento di Samuel L. Jackson è solo l’ultimo di una lunga serie di dure reazioni che la decisione della Corte Costituzionale ha scatenato a Hollywood.
Particolarmente significativa, però, è la presa di posizione annunciata da numerosi Studios della Mecca del Cinema.
Disney, Netflix, Paramount, Warner Bros. Discovery, Sony e altre major hollywoodiane hanno, infatti, deciso di appoggiare finanziariamente i propri dipendenti in casi di aborto. In particolare, le aziende si impegnano a pagare le spese di viaggio di quei lavoratori le cui sedi si trovano in quegli stati degli USA che decideranno di limitare fortemente ― o aboliranno del tutto ― il diritto all’aborto.
Una decisione che fa onore all’industria del cinema statunitense, ma che potrebbe scontrarsi con il rischio, paventato da più parti, che gli stessi stati che stanno mettendo al bando l’aborto, potrebbero introdurre per legge limitazioni ai viaggi in altri stati dove la procedura rimarrà garantita. Una spirale di diritti violati e libertà negate che potrebbe, così, assumere contorni ancor più inquietanti.
Per approfondire temi e curiosità legate al cinema, l’appuntamento è con Buio in Sala, il sabato, dalle 18:30 alle 20 su Radio Cusano Campus.