A nemmeno 48 ore dall’inchiesta del New York Times l’Ufficio per i diritti umani dell’Onu conferma la teoria secondo cui siano stati gli israeliani a uccidere la giornalista americana di Al Jazeera Shirleen Abu Akleh. Arriva dunque al suo epilogo una vicenda che ha inasprito le tensioni tra le due parti, dopo quasi un mese e mezzo dall’accaduto.

“Un singolo proiettile ha ferito il giornalista Ali Sammoudi alla spalla, un altro singolo proiettile ha colpito Abu Akleh alla testa e l’ha uccisa sul colpo. Un uomo disarmato ha tentato di avvicinarsi al corpo di Abu Akleh e un altro giornalista illeso si è riparato dai colpi dietro un albero”.

Omicidio Abu Akleh, l’Onu condanna Israele per non aver avviato un’indagine interna

Sono stati gli spari esplosi dalle forze di sicurezza israeliane e non i colpi sparati da armi in mano ai militanti palestinesi a uccidere la corrispondente alestinese-americana Shireen Abu Akleh: lo annuncia l’Ufficio per i diritti umani dell’Onu, il quale conferma la versione espresse da altre inchieste indipendenti tra cui quella della Cnn e del New York Times.

“Tutte le informazioni in nostro possesso, acquisite dall’esercito israeliano e dal procuratore generale palestinese, sono coerenti con la conclusione che a sparare siano stati i militari israeliani. Non sono state riscontrate prove che nell’area di Jenin vi fosse attività di palestinesi armati nelle immediate vicinanze dei giornalisti

“Diversi proiettili singoli, apparentemente ben mirati, sono stati sparati verso i giornalisti dalla direzione delle forze di sicurezza israeliane nonostante le segnalazioni sulla presenza dei reporter e dei giubbotti antiproiettile con la scritta ‘Press’. Troviamo infine profondamente inquietante la decisione di Gerusalemme di non avviare un’indagine sulla condotta delle proprie forze di polizia”.

Più in generale l’Onu contesta i metodi violenti dei militari israeliani in Cisgiordania

Il portavoce dei militari israeliani contesta la decisione

Il rapporto su cui si è pronunciato l’Onu nasce da materiale fotografico, video e audio, dall’invio di ispettori sul luogo, dalla consultazione di esperti forensi e, ovviamente, dalla documentazione inviata dalle parti. Nonostante l’ampia mole di dati il portavoce militare di Israele rimanda al mittente le accuse:

“La giornalista di Al Jazeera non è stata colpita in maniera intenzionale da alcun soldato israeliano. Non è possibile determinare se sia stata uccisa da miliziani palestinesi che sparavano indiscriminatamente o inavvertitamente da un soldato israeliano. Credo che il rifiuto palestinese di consegnare il proiettile e di condurre indagini congiunte con gli Stati Uniti la dica lunga su chi siano i veri responsabili– ha concluso – la dice lunga sui motivi”