“Sono convinto che sia un’operazione di potere ma che sia un’operazione da tanti ampiamente prevista perché ampiamente prevedibile. Perché il Movimento si era trasformato da tempo in un campo di battaglia fra forze contrapposte che volevano assumere la leadership, se non formale, quanto meno sostanziale. Io sono convinto che questa fase ultima debba preoccupare tanto chi pensava di poter sostituire alla leadership di Luigi Di Maio un’altra leadership”. Così il senatore Nicola Morra (Misto) intervenuto al Tg Plus di Cusano Italia TV condotto da Aurora Vena all’indomani della scissione del M5S.
Intervista a Nicola Morra sulla scissione del Movimento 5 Stelle
Questa crisi si è innescata da quando Di Maio non è più il capo politico del M5S?
Non voglio essere maestro ma andiamo a controllare i numeri di coloro che hanno seguito Luigi DI Maio, andiamo a verificare se siano di più alla Camera o al Senato, scopriremo che, o per prossimità relazionale o perché eletti in Campania, sono tanti quelli che provengono da quelle filiere che Luigi ha messo in atto quando, per esempio, ha deciso le candidature nei collegi uninominali.
Non voglio entrare in polemiche con i colleghi della forza politica grazie alla quale sono stato eletto, ma credo di essere stato tra i primi a denunciare alcune involuzioni, derive all’interno del M5S. Non in questa legislatura bensì a partire dal 2014/2015. Quando il Movimento ha perso quella caratteristica di compartecipazione per cui unico fra le forze politiche veniva guidato da un organismo collegiale, il direttorio. Poi poco alla volta ha accettato la subalternazione al capo politico con l’estromissione di fatto dei meetup dal mondo che doveva fornire linfa vitale al Movimento stesso. Se non continui ad avere un rapporto fecondo con i territori, con le comunità di attivisti e, al tempo stesso, rinneghi la tua volontà di far crescere l’intelligenza collettiva avvitandoti su una leadership monocratica e autoreferenziale, che poi sia Luigi Di Maio, Giuseppe Conte, o anche Nicola Morra il problema è sempre lo stesso. Si è diventato altro rispetto a quello che si doveva essere. Questo perché il sistema ha preso le misure del Movimento, l’ha ingabbiato e poi l’ha intrappolato.
Di Maio ha detto che il Movimento guarda al passato e non è maturato
A me interessa fare questa riflessione politologica. Nel 2015, dati delle amministrative, il Movimento che si presentava da solo riusciva, contro gli uni e contro gli altri, ad andare al ballottaggio in ben dieci occasioni. Nel 2016, l’anno in cui abbiamo vinto a Torino e Roma, il Movimento è andato al ballottaggio in 20 occasioni e in 19 ha vinto. Roma e Torino erano le ciliegine sulla torta. Noi dimostravamo contro tutto e tutti di poter essere la scelta giusta e la gente ci ha dato fiducia perché, pur nella nostra ingenuità, pur nel nostro dilettantismo, ispiravamo fiducia. Marco Travaglio ha scritto ultimamente che Luigi Di Maio è diventato un uomo a forma di poltrona, io non sono d’accordo. Luigi ha sempre avuto una vocazione a gestire il potere. Forse Travaglio se n’è accorto solo in ultimo ma questa possibilità di gestire il potere ha permesso a Luigi, e a chi gli ha dato fiducia, di trasformare il Movimento. Ad esempio, la rotazione dei capigrupppo che era una caratteristica sia al Senato che alla Camera nella prima legislatura, si è trasformata poi in una designazione del capo politico.
Sulla regola dei due mandati
Sono convinto che su questo avremmo dovuto ragionare fin da subito. Leggo e noto che ci sono tanti mal di pancia. Io sono dell’avviso che la politica non debba esser fatta come professione al servizio di se stessi ma come vocazione al servizio degli altri. C’è un argomento a favore della regola del doppio mandato e cioè quella che incrementando il numero dei cittadini che si sottopongono a questa esperienza cresce la consapevolezza sociale delle responsabilità del politico. Ma tutto ciò confligge con la riduzione del numero dei parlamentari che abbiamo ottenuto. La politica deve essere servizio alla comunità. I due mandati non erano affatto disgiunti dalla richiesta della preferenza. E mi pare invece che sulla preferenza non si levi alcuna voce. Si arriva a quello che noi abbiamo puntualmente contestato: cioè listini bloccati con il capo politico che decide per l’elezione. Questo non va bene.
Il M5S è morto come ha detto Renzi o può rinascere dalla ceneri?
Magari se lo augurano tanti ma io sostengo che l’astensionismo sia la vera prospettiva di fondo delle prossime tornate elettorali. L’avvitamento su ste stesso del M5S non rafforzerà in termini assoluti altre forze politiche ma in termini percentuali sì. Adesso la speranza, ed è un lavoro difficilissimo, è quella di ricostituire in qualche soggetto politico.
Darebbe il suo contributo a questa ricostruzione?
Non punto alla rielezione e neanche alla ricandidatura. Perché campavo del mio lavoro come mi hanno insegnato i miei genitori e avevo un lavoro più che dignitoso. Ho scelto di fare l’insegnante e con orgoglio l’ho sempre fatto. Se poi ci dovesse essere la volontà dei cittadini e le condizioni per battersi, per solidarietà e giustizia, perché il Sud venga riconosciuto come emergenza nazionale, perché l’azione di contrasto alle mafie sia nelle priorità delle azioni di governo, perché i giovani abbiano un lavoro non precario e non sottopagato, io sarò parte della partita.
Rivedi l’intervista completa a Nicola Morra sulla scissione del M5S