C’è un nuovo fronte della guerra in Ucraina, si chiama “cancel culture” ed è di fatto un abolizione di tutto ciò che fa riferimento alla Russia, dall’informazione alla cultura. Un processo di derussificazione che, per certi versi, contrasta ciò che Mosca sta cercando di attuare nei territori momentaneamente sotto il controllo del Cremlino, tra cui Kherson e Mariupol.

Cancel Culture in Ucraina, dalla lingua alla letteratura

In Ucraina prende forma la “cancel culture” in versione russa, vale a dire la cancellazione di tutti i riferimenti (letterari ecc.) legati alla cultura di matrice sovietica. Lo ha deciso il Parlamento Ucraino, dopo l’approvazione del disegno di legge che vieta sia la distribuzione che l’importazione in Ucraina di libri editi in Russia e in Bielorussia. Non solo, ma il provvedimento riguarda anche la musica: banditi tutti i cantanti russi. Fonti governative fanno tuttavia sapere che la lingua russa non sarà bandita in toto. Insomma, una presa di distanza ulteriore che segna la fine di un’epoca storica per entrambi i paesi.

Del fenomeno fa parte anche la toponomastica: c’è infatti chi chiede che vengano rinominate le vie di chiaro riferimento russo, dalle figure militari a quelle più prettamente culturai. Cechov è la punta di diamante di un insieme più vasto e meno conosciuto in Occidente, tra le città che spingono maggiormente ci sono la capitale Kiev e Odessa, quest’ultima sempre nel mirino delle milizie russe. Emblematico il commento del sindaco Trukhanov:

“Non vogliamo avere più niente a che fare con il Paese che vuole cancellare la nostra città, la nostra nazione, dalla faccia della Terra”

Procedimento analogo anche in Moldavia

All’interno del disegno di legge c’è anche la scuola, dove la lingua russa era di fatto assimilabile alla seconda lingua italiana. Anche in questo caso, però, c’è una storia pregressa che l’invasione russa ha accelerato. Ci sono infatti molte scuole in Ucraina in cui la lingua ufficiale non era ancora stata adottata, specialmente in quelle di forte matrice russa dopo lo smembramento dell’Unione Sovietica. Scorrendo la lista delle opere culturali da “correggere” troviamo le espressioni artistiche: le statue innanzitutto, con azioni di “vandalismo” già testimoniate in diverse città dell’Ucraina orientale.

Come detto in apertura, si tratta di un meccanismo di risposta a ciò che la Russia sta attuando nei territori controllati, quali Kherson e Mariupol. Proprio Kherson, prima roccaforte caduta in mano alle milizie del Cremlino, ha visto le prime consegne dei passaporti di Mosca, ma ci sono immagini che documentano la presenza di statue filorusse come quella di Lenin. Al momento, però, c’è una moderata opposizione da parte della popolazione locale.

Infine uno sguardo alla Moldavia, in cui la parte russa è ben esemplificata dalla repubblica autoproclamata della Transnistria. Qui, la presidente Maia Sandu ha firmato una legge che vieta la diffusione di notizie di emittenti moscovite per contrastare la disinformazione. Insomma, il conflitto bellico pare combattersi in tutte le sue sfumature aggiungendo una nota sempre più triste all’ennesimo evento tragico della storia. La speranza è che presto si possa tornare a parlare di pace in tutto il mondo.