Ogni studente che si laurea dedica la tesi a qualcuno. Anni fa mi colpì il pensiero rivolto a una professoressa di liceo che offendeva ripetutamente quel suo allievo che poi era riuscito a laurearsi in maniera brillante.
Per originalità e per la commozione che suscita merita di essere citata una dedica speciale scritta da Giulia Grasso, neolaureata dell’università di Bari in Lettere antiche.
Lo scrive La Nazione:
“Per ricordare tutte le vittime di un sistema che loda le eccellenze (una minoranza) a discapito di chi, invece, per un motivo o per un altro non riesce a concludere gli studi”.
La dedica è rivolta a chi non ha retto il peso del fallimento e ha deciso di togliersi la vita.
“A chi non ce l’ha fatta, a chi ha mollato, a chi non si è sentito all’altezza e a chi ha trovato solo porte chiuse – ha scritto Giulia -. A chi non crede più in se stesso, a chi ha pianto notti intere pensando un esame e a chi si è dato la colpa di ogni fallimento”.
L’esempio di maestri che hanno aiutato i loro allievi a crescere
E se è difficile per uno studente universitario superare il trauma della bocciatura ad un esame pensate a quello che può succedere nella testa di un bambino o di un adolescente di fronte a un brutto voto. In queste occasioni tornano in mente figure di insegnanti che meritano di essere ricordate. Nei giorni scorsi “La Repubblica” ha raccontato la storia sconosciuta di Irene, la maestra che insegnò il buongiorno ai bambini vestiti di stracci. E come dimenticare Alberto Manzi, malvisto dalle autorità scolastiche perchè nelle pagelle degli alunni di una scuola elementare di un quartiere popolare di Roma scriveva: “Fa quel che può, quel che non può non fa”.
E come posso dimenticare la maestra Cosma Serchi, per cinque anni insegnante in un paesino delle Crete senesi. Nel ’67, insieme ai suoi ragazzi che aveva voluto accompagnare dalla prima alla quinta elementare, realizzò il giornalino di classe, un’esperienza pionieristica. Quella maestra accettò un trasferimento in una scuola di città solo dopo aver fatto conseguire la licenza elementare ai suoi allievi, figli di operai e camionisti. Tra quei ragazzi c’ero anche io.
Stefano Bisi