Pietro Aradori è uno dei talenti di rilievo, del Basket italiano. Ha giocato in Spagna, in Turchia, ha girato tutta l’Italia, vissuto due volte Basket City, sia dal lato virtussino che da quello della Fortitudo.

Il giocatore bresciano di 33 anni è intervenuto nella trasmissione “Sport al Maximo” in onda ogni domenica dalle 15 alle 18 sulla radio dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, Radio Cusano Campus. E ha detto la sua. Su Sacchetti, su Pozzecco, su Meneghin. Sull’Olimpia Milano fresca del titolo italiano e sulla finalista e già Campione d’Italia Virtus Segafredo Bologna.L

La prospettiva di Aradori con veduta sullo scudetto

Vorrei la tua fotografia su questa serie Milano-Virtus Bologna.

“E’ stata una bella finale-scudetto. Da tanti anni non si seguivano sei partite così avvincenti, combattute. A me personalmente è piaciuta molto: mi sono divertito. Poi ci sono state quelle vene polemiche che hanno messo sui giornali un po’ di più la Pallacanestro rispetto al solito”.

Zanetti si poteva risparmiare, quelle battute, dopo gara-5. Ha messo in difficoltà una grande piazza Bologna che resta tale e che tu ben conosci. Bologna ha nel DNA la cucina, la musica, e campa, di Pallacanestro

“La chiamano apposta, Basket City. La gente vive, mangia, respira Pallacanestro, 24 ore su 24, 7 giorni su 7”.

Che cosa è mancato alla Virtus Bologna, a parte la condizione atletica in qualcuno dei suoi alfieri?

“E’ difficile dirlo. Alcune partite, tranne una, mi sembra, o forse due, si sono giocate punto a punto. E per piccoli errori, per piccole cose andate meglio a una squadra anziché all’altra, Milano è riuscita a portarla a casa. Non serve sbagliare chissà cosa, per perderle. Quando sei a un livello in cui tanta tensione, tanta pressione, in cui le squadre si equivalgono, è talvolta una questione di centimetri, di millimetri”.

Non so se sia uscito fuori dal televisore, ma stiamo riportando la Pallacanestro italiana in maniera fissa, sulla difesa individuale… E’ questo, il messaggio più importante, uscito dalle finali dei play-off, secondo il tuo pensiero?

“Intendi dal punto di vista tecnico rispetto al zona?”

Sì perché raramente hanno lasciato degli accoppiamenti individuali.

“No, no, ci può stare, come analisi. Diciamo che magari in questa finale scudetto si stava più sull’uno contro uno per decisioni tecniche o per le caratteristiche dei giocatori, sia in attacco che in difesa. Durante l’anno, però, ti capita di incontrare squadre che giocano molto con il cambio sistematico, su ogni blocco, piuttosto che squadre che buttano dentro un po’ di minuti di zona. Soprattutto quando devi fare i conti con gli infortuni con le panchine più corte. Effettivamente durante le finali scudetto è stato come hai detto tu”.

La prospettiva di Aradori sui personaggi italiani di fama mondiale: Scariolo e Messina.

Due grandi allenatori, che hanno onorato la nostra Pallacanestro. Lo hanno fatto anche all’estero, nella NBA, in Eurolega, con la Nazionale di Spagna. Un numero di tecnici che ci cominciano invidiare come hanno fatto Zola, Casiraghi, Vialli, Di Matteo, nel Calcio, in Inghilterra.

“Sì, sono due riferimenti. Ettore Messina e Sergio Scariolo sono due grandissimi personaggi e due grandissimi allenatori, che sono nel mondo della Pallacanestro dagli anni ’90 in giro per l’Italia, l’Europa e dall’altra parte dell’Oceano. Ne hanno viste di ogni. Chi meglio di loro, in una finale per lo scudetto?”

La prospettiva di Aradori sulle piazze alternative alle finaliste per lo scudetto

Tra le piazze alternative c’è una piazza che tu ben conosci, dal punto di vista culturale, storico, Brescia. C’è bisogno di Sassari, Brescia, Venezia, Napoli, Scafati? Viva la Pallacanestro che divarica anche i suoi orizzonti da noi…

“C’è bisogno di questo. C’è bisogno di un movimento che coinvolga tutta la nazione. E soprattutto c’è bisogno di una Pallacanestro che si mostri di più in televisione, sui giornali, oltre a praticarla fin da bambini, da giovani. Che si faccia vedere, questo sport. Perché bisogna promuoverla, farla arrivare a chi ha voglia, di Pallacanestro”.

Al di là della simpatia che tutti o in tanti proviamo, per quel guascone di Pozzecco. Come hai visto che sia stato fatto accomodare Sacchetti alla porta, in Nazionale?

“Su quella decisione non mi esprimo, perché non conosco la situazione e tutto il resto. Al Poz faccio un grande in bocca a lupo. E’ da anni, che si è messo in gioco come allenatore. Ha girato un po’ di posti: Varese, Bologna, all’estero, mi pare in Croazia”.

Non se le è capate facili. Hai nominato piazze che fanno venire i brividi!

“Esatto. Ha fatto delle bellissime annate a Sassari. E’ un amico, una persona che stimo. Ha contribuito a far conoscere la Pallcanestro 15 anni fa quando giocava. Gli auguro di far uguale anche con la Nazionale”.

La prospettiva di Aradori sul più grande di tutti

Una domanda che riguarda il nostro mito assoluto, Dino Meneghin. Il movimento del Basket si poteva permettere, di rinunciare a lui come presidente federale? Non credi ci fosse bisogno di uno come lui che si appuntava l’azzurro, sulla giacca.

“E’ stato un grande. Quando ho iniziato con la Nazionale, ed ero un giovincello, come team manager. Non so le scelte personali di Dino. Però quello che ha dato alla Pallacanestro è sotto gli occhi di tutti. Le persone più grandi di età, più anziane di me, lo ricorderanno ancora meglio, ma quello che hanno dato Dino e la famiglia Meneghin, sanno che ha dato un bene indelebile, alla Pallacanestro. Lui e la sua famiglia. Io conosco meglio Andrea, sempre solare, positivo, con il sorriso sulla bocca. Un gran bel giocatore. E’ bello incontrarlo sui campi, in giro”.

Hai sentito le parole di Messina quando dice: “Noi quando entriamo al Forum di Assago abbiamo le foto di Cesare Rubini, di Sandro Gamba, di Riminucci, di Peterson”. Un tecnico che parla con questa intensità del suo club fa emozionare. C’è bisogno di ricordare la storia?

“La storia va sempre ricordata. Perché tra 30-40 anni ci sarà l’allenatore dell’Olimpia Milano che vedrà le foto di Ettore Messina, di Gianmarco Pozzecco, dei giocatori che hanno fatto queste belle annate e si ripete sempre, la storia”.

Da che cosa riparte la Virtus Bologna, tu che hai vissuto entrambe le sponde, della città felsinea?

“Direi che ha fatto una super-stagione. Ha vinto anche una coppa (l’EuroCup, n.d.r.). Non saprei perché ha l’imbarazzo della scelta.

Tu dici che è una piazza che si può permettere di aspettare in finestra, come è per Milano, Cantù, Varese?

“Sì ma oltre quello, hanno già una base solida, con tanti giocatori di livello, e può fare le sue scelte”.

Hai visto questo Shengelia, che sa tirare da 3 punti, sa fare tutto? Lasciarlo libero è sempre pericoloso…

“Non lo si scopre adesso. Un giocatore di assoluto livello, una stella a livello europeo. Lo ha dimostrato”.

Così ha parlato Pietro Aradori. L’impegno, la tenacia, la grinta, la voglia di mettersi in discussione. Divertendosi.

Per ascoltare quanto andato in onda domenica 20 giugno sull’emittente radiofonica dell’Università Niccolò Cusano cliccate sul seguente link:

https://www.radiocusanocampus.it/cerca-podcast/?_sf_s=ARADORI

www.fip.it

www.tag24.it/pallacanestro