Tira aria pesante all’interno del Movimento 5 Stelle, tutto ruota intorno alle frecciatine tra il garante Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. La spaccatura più importante sul delicato tema dell’invio di armi all’Ucraina, su cui le posizioni sono inconciliabili.
Lite Conte-Di Maio, l’affaire armi e il possibile addio del ministro
Potrebbe essere arrivata in dirittura d’arrivo l’esperienza di Luigi Di Maio come politico del Movimento 5 Stelle, a causa dell’ultimatum lanciato dal garanye Giuseppe Conte. Il partito è ormai spaccato nelle due anime e logorato da una serie di questioni sul tavolo che agitano la tranquillità e impongono una seria riflessione. Su tutte la questione dell’invio di armi all’Ucraina, con una frangia dei grillini che ha preparato una bozza alternativa al documento di risoluzione da presentare in Parlamento il prossimo martedì.
Convocato d’urgenza per la serata di domenica il Consiglio Nazionale che scioglierà (o proverà a farlo) le ultime riserve sulla questione ucraina. Per gli oppositori della linea governativa, Draghi sta di fatto pregiudicando ogni possibile soluzione del conflitto, favorendone al contempo un’escalation. E’ questa la posizione di Giuseppe Conte, che non ha mai mancato quando possibile di far sapere la propria ferma intenzione. Il ministro degli Esteri Di Maio, tuttavia, fa sapere di non aver mai saputo nulla a riguardo, ammonendo che un’azione simile metterebbe a rischio l’Alleanza Nato e l’immagine dell’Itali nell’Unione.
Di Maio è appoggiato dai membri pentastellati al governo, tra cui il vice ministro di Economia e Finanza Laura Castelli, così come il senatore Primo Di Nicola:
“Dire no alle armi è una posizione che non metterà mai d’accordo l’intera maggioranza. Prendere deviazioni non è la strada migliore, serve compattezza perché la situazione è veramente molto importante e sul filo di lana. Io di sicuro non voterei una risoluzione, qualora presentata dal mio gruppo, che vada fuori dalla collocazione storica dell’Italia”
“Nessuno di noi è stato coinvolto nella fantomatica bozza alternativa. Ne avevamo sentito parlare e per questo avevamo messo le mani avanti da giorni, chiedendo che non ci fosse un atto autonomo di questo tipo”
Al contrario Michele Gubitosa e Alessandra Todde, rispettivamente vicepresidente del partito e vice ministro del MiSe, attaccano duramente la linea di Di Maio:
“Mi chiedo se il capo della Farnesina ci rappresenti ancora nel governo come ministro degli Esteri o stia rappresentando solo se stesso. Da tempo Di Maio sembra giocare una partita tutta sua, come se volesse svincolarsi dalle ultime questioni politiche del Movimento di cui evidentemente non si sente più parte”
Le parole pronunciate da Di Maio sono sinonimo di uno che non si sente più parte del Movimento. Trovo gravissimo denigrare le opinioni di una forza politica che ha sempre rivendicato di essere all’interno di una compagine euro atlantica e della Nato. Mi sembra tutto un pretesto per fare opposizione con gli ideali che stiamo portando avanti”
Sul tavolo i commenti alle amministrative e il doppio mandato
Ciò che non viene gradito dalla frangia contiana del Movimento è il commento di Di Maio sui risultati delle amministrative:
“È normale che l’elettorato sia al momento disorientato ma alle elezioni amministrative non siamo andati mai così male. Non si può liquidare la questione all’elezione del presidente della Repubblica di sei mesi fa, credo sia il momento di assumersi delle responsabilità”
C’è poi la questione del doppio mandato, che riguarderebbe anche Castelli, Patuanelli, Fico, D’incà. Uno dei punti salienti del Movimento delle origini, su cui si è già avuta una testimonianza a Roma con Virginia Raggi. Anche qui Di Maio invita gli elettori pentastellati a votare secondo i principi cardine del partito. Sul tema, il fondatore Beppe Grillo è irremovibile