L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) continua ad aggiornare il report relativo ai casi accertati di infezione da vaiolo delle scimmie. L’ultimo aggiornamento parla di 2.013 casi complessivi, con un decesso, a seguito di segnalazioni che comprendono 42 Paesi sparsi in tutto il mondo.

Vaiolo delle scimmie, l’Oms in difficoltà ma proseguono studi e analisi

Proseguono gli studi dell’Oms sulla diffusione del vaiolo delle scimmie, la misteriosa infezione “nata” in Gran Bretagna ai primi di maggio. Superato il tetto dei duemila casi nell’ultimo bollettino aggiornato al 15 giugno scorso, ma ciò che più sembra preoccupare i vertici dell’Organizzazione è la geografia con cui il virus si propaga. Aree molto lontane tra di loro e con condizioni altrettanto differenti che rendono davvero difficile comprendere meglio il fenomeno.

Mentre le indagini epidemiologiche continuano senza sosta, la maggior parte dei casi più recenti sembra derivare da rapporti sessuali con partner sconosciuti in luoghi diversi da quelli di provenienza. Europa e Nord America rimangono principalmente coinvolti come focolai principali.

“Il focolaio di vaiolo delle scimmie è insolito e preoccupante. Per questo motivo ho deciso di convocare il Comitato di Emergenza ai sensi del Regolamento Sanitario Internazionale la prossima settimana, per valutare se questo focolaio rappresenti un’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale”.

Thedros Gebreyesus, Ceo dell’Oms

L’andamento dell’infezione nel mondo

Per il momento è ancora presto per parlare di pandemia, soprattutto per il numero di casi. L’Inghilterra, dove tutto ebbe origine, ha registrato 524 casi finora, seguita da Spagna (313), Germania (263) e Portogallo (241). Berlino e Lisbona, inoltre, sono stati i primi Paesi europei a registrare una crescita della curva di coronavirus. L’Italia si difende sotto questo punto di vista, con 71 casi registrati.

Oltre l’Eurozona è il Nord America l’area più interessata con Canada (159 casi) e Usa (72). L’unico decesso sin qui documentato sarebbe invece in Nigeria e si monitora la situazione in Australia e Nuova Zelanda. Per il 23 giugno è convocato il Comitato di Emergenza per valutare la portata del rischio che, per ora, a livello globale è ancora definito come “moderato”.