Capalbio la piccola Atene. Paese che vai la trasmissione di Cusano Italia Tv (canale 264 DTT ore 10:00) ogni sabato accende i riflettori sugli splendidi borghi del nostro Bel Paese. Una puntata interamente dedicata a Capalbio.
All’ombra dell’Argentario, Capalbio è un antico borgo che domina la sottostante campagna maremmana. All’interno delle sue mura si “respira” l’atmosfera dei secoli passati.
L’aspetto enogastronomico di Capalbio non è da meno: i suoi vini e la cucina a base di cacciagione sono apprezzati internazionalmente.
Nel borgo di Capalbio, sulla torre merlata del castello Aldobrandesco e dalle sue mura, si ammira un panorama di straordinaria bellezza.
Capalbio la piccola Atene: la Rocca Aldobrandesca
Il punto più alto del borgo è marcato dalla Rocca Aldobrandesca, una magnifica fortezza costruita nel XI secolo come possedimento dell’Abbazia delle Tre Fontane di Roma. Nel Duecento divenne proprietà della famiglia degli Aldobrandeschi, che la ampliarono e modificarono; l’aspetto attuale si deve ai Senesi e risale al Quattrocento.
La Rocca è costituita dall’antica torre quadrangolare cui è stato addossato, in epoca rinascimentale, il palazzo Collacchioni che ancora conserva al suo interno il forte piano suonato dal celebre compositore Giacomo Puccini durante una breve permanenza a Capalbio.
La storia di Capalbio
La storia di Capalbio risale a molto prima del Medioevo. Sappiamo che il territorio fu abitato dagli Etruschi ma i primi documenti su questa città ci raccontano che nell’805 il castello di Capalbio venne donato da Carlo Magno all’Abbazia dei Santi Anastasio e Vincenzo alle Tre Fontane. Capalbio passò poi nel XII secolo agli Aldobrandeschi e nel secolo successivo entrò a far parte dei domini di Orvieto.
In seguito visse sotto il dominio della Repubblica di Siena un periodo molto fiorente. I secoli successivi videro la città passare di mano in mano: prima gli Spagnoli, poi i Medici, poi ancora gli Austriaci e i Borboni. Una storia, insomma, molto tormentata, testimonianza dell’importanza strategica di questo insediamento. D’altro canto, questo susseguirsi di dominazioni favorì un notevole sviluppo artistico-culturale della città, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “La piccola Atene”.
Il Giardino dei Tarocchi
Seguendo l’ispirazione avuta durante la visita al Parque Guell di Antoni Gaudí a Barcellona, poi rafforzata dalla visita al giardino di Bomarzo, Niki de Saint Phalle inizia la costruzione del Giardino dei Tarocchi nel 1979. Identificando nel Giardino il sogno magico e spirituale della sua vita, Niki de Saint Phalle si è dedicata alla costruzione delle ventidue imponenti figure in acciaio e cemento ricoperte di vetri, specchi e ceramiche colorate, per più di diciassette anni, affiancata, oltre che da diversi operai specializzati, da un’équipe di nomi famosi dell’arte contemporanea.
Terminata solo nell’estate del 1996, la realizzazione del Giardino ha comportato, oltre ad un enorme lavoro di impianto, una spesa di circa 10 miliardi di lire interamente autofinanziati dall’autrice.
Nel 1997 Niki de Saint Phalle ha costituito la Fondazione Il Giardino dei Tarocchi il cui scopo è quello di preservare e mantenere l’opera realizzata dalla scultrice.
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