Sulle pagine dei quotidiani (Tag24 è una lodevole eccezione) è pubblicata in bella evidenza la foto di Elena, la bambina di 5 anni uccisa dalla madre Martina.
Viene spontaneo porsi una domanda: è giusto pubblicare le immagini senza filtri di vittime minorenni? La mia risposta è no per due motivi: la foto sorridente di una bambina massacrata non porta più copie e clic e anche se facesse aumentare i lettori non la pubblicherei perchè ci sono leggi e regole che vanno rispettate. Ci si appella al diritto di cronaca ma il sorriso di Elena rientra in questo “diritto”? Ma la Carta di Treviso, approvata dall’Ordine dei giornalisti, che tutela i minori è carta straccia? 

E’ giusto “pixellare” le immagini dei bambini coinvolti in fatti di cronaca nera

Nel recente passato i casi di cronaca nera che hanno coinvolto bambini hanno sollevato discussioni sulla necessità di pubblicare dati identificativi del minore coinvolto. Questa volta non c’è dibattito. Ci stiamo abituando al peggio. Eppure soltanto qualche anno fa la giornalista Anna Masera ha scritto un approfondito articolo sul quotidiano “La Stampa” in cui dice che “nell’era dei social media, sulla scelta di prelevare le foto pubblicate sui profili personali di Facebook, Instagram, o Tik Tok urge un dibattito all’interno della categoria e un aggiornamento della deontologia, che non ne fa cenno, perché è evidente che i giornalisti non sono tutti d’accordo”.
E aggiunge: “Nell’esercitare il diritto di cronaca è comprensibile che i giornalisti si affidino alla ricerca delle immagini online anziché andare a bussare alla porta dei famigliari delle vittime. Ma scaricare le foto dai social senza chiedere il permesso è come rubarle dalla stanzetta del bambino o dal salotto dei suoi genitori. E proprio perché è diventato più facile reperire questi dati personali, serve maggiore attenzione all’essenzialità di quelle informazioni per non urtare la sensibilità del pubblico. Non è meglio pubblicare la foto pixellandone il viso per non renderlo riconoscibile?”. La mia risposta è sì. E’ quello che ha fatto Tag24.

Stefano Bisi