Il “campo largo” di Enrico Letta è appena partito ma è già da ripensare? Pare proprio di sì. Ma andiamo con ordine. L’election day mostra due certezze: sul referendum ha vinto il partito dell’astensione. Alle amministrative, il “campo largo” di Enrico Letta e Giuseppe Conte regista un flop notevolissimo. Due fotografie: a Genova Italia Viva appoggia il sindaco uscente Marco Bucci, del centrodestra, e si prospetta una vittoria già al primo turno contro i progressisti.
Elezioni, problemi per il campo largo Pd-5 Stelle
A Verona, Damiano Tommasi approfitta dei due candidati di centrodestra schierati l’uno contro l’altro, Tosi e Sboarina, ma l’impressione è che se, ricompattato, il fronte Lega-FdI-Forza Itali al ballottaggio possa sbaragliare l’ex centrocampista della Roma. Unica soddisfazione parziale per Pd e 5 Stelle la situazione di Parma, dove però Guerra è emanazione dell’ex sindaco Pizzarotti ed espressione più del voto d’area grillina che di quello dem. Non un grande segnale per il Nazareno. Certo, Letta attende di capire se il Pd diventerà il primo partito d’Italia, sopravanzando Giorgia Meloni. Ma accontentarsi di Verona, Parma o Catanzaro (“Siamo fiduciosi”, dice Francesco Boccia) è la classica goccia nell’oceano. Certo, in questa tornata dei 26 capoluoghi in cui si è votato solo sei erano a guida centrosinistra: Palermo, Cuneo, Taranto, Lucca, Padova e Belluno e per questo Letta ha sempre ricordato che “anche un solo capoluogo in più sarebbe un successo”. Ma poco conta.
Pd e 5 Stelle: l’alleanza toglie anzichè aggiungere voti
Se per l’alleanza con Conte queste amministrative dovevano essere un test importante, quasi un laboratorio, si può sicuramente già parlare, come minimo, di grave impasse. Non a caso, dai dem, fanno notare come a Genova e Palermo, le due sconfitte certe più gravi, “siamo alleati con i 5 Stelle”. Come dire, il patto toglie, non aggiunge voti. L’unica “speranza” è che dalle urne esca un Movimento a pezzi, per rendere obbligatoria una coalizione Pd-centrica. In ogni caso, è quasi certo che da questa sera Letta spingerà ancora di più su una riforma della legge elettorale in senso proporzionale per svincolarsi dall’abbraccio mortale dei pentastellati. Il guaio è che ora nel centrodestra pochi, se non nessuno, hanno interesse a seguirlo.