Accordo Uber – Taxi

Accordo Uber – Taxi, dopo anni di ostilità, annunciato dal consorzio ItTaxi, il più grande consorzio italiano del settore con presenza in 90 città e 12mila vetture, e dalla stessa app globale di mobilità. Nell’ottica dei tassisti, quel che fa gola è il bacino di 118 milioni di utenti a livello globale che Uber può mettere ora in contatto con i tassisti italiani. Questi ultimi non dovranno cambiare la loro piattaforma informatica (Splyt si è occupata della convergenza dei due sistemi): sulla loro strumentazione di bordo vedranno apparire le chiamate in arrivo dall’app di Uber. Se accetteranno la corsa, dovranno retrocedere una commissione che Uber non specifica ma si parla del 6%. In cambio, vedranno appunto crescere la loro platea di potenziali clienti.

Giudici: 90% dei tassisti contrari

Claudio Giudici, presidente nazionale Uritaxi, è intervenuto sul tema ai microfoni della trasmissione “Cosa succede in città” condotta da Emanuela Valente su Radio Cusano Campus. “I tassisti italiani sono molto arrabbiati per questo accordo -ha affermato Giudici-. ItTaxi riguarda pochissime realtà, neanche il 10%. Su 90 realtà soltanto 6 allo stato attuale si sono dichiarate favorevoli: Roma, Milano, Napoli, Palermo, Olbia e un’altra piccolissima realtà che al momento mi sfugge. La prova inizierà da Roma. Io sono d’accordo con i colleghi che sono contrari a questo accordo. Perché favorire un modello di concentrazione in mano ad un player che a livello internazionale ha una grande capacità comunicativa? In queste multinazionali l’elemento sicurezza e gli elementi valoriali hanno spesso fatto discutere. E’ un modello che abbiamo visto anche attraverso gli articoli di giornale che parlavano di abusi sulle auto Uber, di sfruttamento per Uber Eats, intercettazioni in cui si insultavano i dipendenti in maniera razzista. Non comprendiamo perché si debba andare a smantellare un servizio pubblico che funziona favorendo un processo che porta a concentrare in poche mani la ricchezza presente in questo Paese. Il processo a cui mirano è che le realtà italiane andranno a morire. Nel breve periodo nelle città dove il fenomeno dell’abusivismo imperversa potrebbe anche convenire questo accordo, ma nel lungo periodo sicuramente no”.