È ufficiale, IBM ha deciso di abbandonare il mercato della Russia, andando a creare l’ennesimo buco all’interno del sistema tecnologico e produttivo del Cremlino. Sempre più colossi della tecnologia stanno lasciando infatti il mercato russo: un importante segnale lo lancia IBM licenziando tutto il personale in Russia dopo aver già sospeso le operazioni a marzo. Il CEO di IBM Arvind Krishna ha affermato che la compagnia lascerà il paese portando circa 1.000 persone a perdere il loro posto di lavoro. Krishna ci ha tenuto a specificare che i suoi dipendenti non hanno fatto nulla di male e che si tratta della “separazione dalla forza lavoro” dovuta dalla invasione guidata dal Cremlino. L’amministratore delegato ha anche ribadito che la decisione di sospendere le operazioni in questa maniera sarà soltanto l’inizio di un lungo processo di valutazione di varie opzioni a lungo termine“Poiché le conseguenze della guerra continuano a crescere e l’incertezza sulle sue ripercussioni a lungo termine cresce, abbiamo ora deciso di procedere a un’ordinata liquidazione degli affari di IBM in Russia.

Quali altre società faranno come IBM in Russia?

Krishna ha concluso affermando“Questo processo inizierà oggi e comporterà la separazione della nostra forza lavoro locale. I nostri colleghi in Russia, non per colpa loro, hanno sopportato mesi di stress e incertezza. […] Vorrei anche ringraziare ancora una volta gli IBMer ovunque per tutto ciò che è stato fatto fatto per aiutare la nostra azienda, i clienti e le comunità a superare questa crisi”. IBM, però, è solo l’ultima di una lunghissima lista di società che ha deciso di abbandonare la Russia dall’inizio del conflitto. Accenture, Alcoa, American Airlines, BlackRock, BP, Deloitte,  eBay, KPMG, McKinsey & Company, PwC,  Reebok, ShellBP, Exxon e Shell hanno detto che stanno cedendo miliardi di dollari in attività energetiche russe. Bernard Looney, l’amministratore delegato della BP, ha spiegato che l’invasione ha portato la BP a ripensare fondamentalmente la sua posizione in Russia. «Sono convinto che le decisioni che abbiamo preso come consiglio di amministrazione non sono solo la cosa giusta da fare, ma anche nell’interesse a lungo termine della BP», ha detto. Hanno sospeso, invece, le attività circa  248 aziende, tra cui Adidas, American Express, Burger King, Chanel, CocaCola, Disney, Estée Lauder, General Motors, Hewlett Packard, HP, Hyundai, IBM, Levi Strauss & Company, MasterCard, McDonalds, Nike, Oracle, Paramount, PayPal, Starbucks, Visa, Xerox.  In molti casi, queste aziende hanno cessato di fare affari in Russia ma continuano a pagare i loro dipendenti russi, lasciando così la porta aperta al ritorno. Adidas, Disney, IBM e Nike rientrano in questa categoria.  Alcune di queste aziende hanno fatto donazioni a organizzazioni umanitarie internazionali o hanno annunciato vaghe rivalutazioni delle operazioni in Russia, ma non hanno preso alcuna misura concreta per sospendere o ridurre i loro affari lì, oltre il minimo indispensabile richiesto legalmente dalle sanzioni internazionali. Koch Industries, che produce rotoloni di carta e carta igienica, impiega circa 600 persone in due impianti di produzione in Russia. La società ha condannato l’invasione della Russia ma si rifiuta di chiudere i suoi impianti di produzione, suggerendo che se lo facesse, la Russia nazionalizzerebbe le strutture.

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