Le telecamere di videosorveglianza come occhi indiscreti per guardoni tecnologici. La Polizia di Stato ha portato a termine, dopo un anno di indagini, un’operazione in 10 città italiane per sgominare due differenti gruppi criminali che, dopo aver ottenuto l’accesso alle telecamere, rivendevano i link sui social. Sono 11 le persone indagate. 10 invece le perquisizioni effettuate dagli investigatori della Polizia Postale di Milano e del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni di Roma, che hanno scoperto il fenomeno grazie alla segnalazione di un cittadino e agli sviluppi dell’analisi forense compiuta sullo smartphone sequestrato a uno degli indagati nell’ambito di un altro procedimento penale, relativo a reati di altra natura.

Nel mirino le telecamere: dalle piscine alle palestre, agli hotel

I due gruppi di guardoni riuscivano a spiare ignari cittadini ottenendo l’accesso alle telecamere di videosorveglianza di abitazioni, studi medici, alberghi, spogliatoi di piscine e palestre. Al termine delle perquisizioni, gli operatori della Polizia Postale hanno sequestrato 10 smartphone, 3 workstation, 5 PC portatili, 12 hard disk e svariati spazi cloud, per una capacità di storage complessiva di oltre 50 Terabyte. 

Strutture collaudate e compiti specifici

Nell’ambito dei due gruppi criminali scoperti dagli investigatori (per uno dei quali – il più corposo – si configura una vera e propria associazione per delinquere), gli indagati avevano ruoli e compiti ben definiti: i più esperti in materia informatica scandagliavano la rete alla ricerca di impianti di videosorveglianza connessi a internet; una volta individuati, li facevano oggetto di veri e propri attacchi informatici che consentivano, ricorrendo determinate condizioni, di scoprire le password e di accedere ai relativi impianti. Raccolte le credenziali di accesso, era compito di altri appartenenti ai gruppi criminali verificare la tipologia degli impianti, gli ambienti inquadrati e la qualità delle riprese, allo scopo di individuare telecamere che riprendessero luoghi particolarmente sensibili, come bagni e camere da letto. L’obiettivo finale era infatti quello di carpire immagini che ritraessero le ignare vittime durante la consumazione di rapporti sessuali o atti di autoerotismo. In alcuni casi, le immagini facevano riferimento a telecamere installate presso alberghi, studi medici e spogliatoi di palestre e piscine. Al termine di tale selezione, le credenziali di accesso venivano affidate ad altri sodali che, attraverso “vetrine” online create ad hoc, le mettevano in vendita sulla rete.