“Il fatto che in Italia ci sono le carceri piene non deriva dalle misure cautelari. Deriva da un altro problema. Deriva dal fatto che bisogna assolutamente depenalizzare alcuni reati. Qui siamo al paradosso. La corte Costituzionale ha ammesso referendum francamente insignificanti e ha bocciato quello sulla cannabis o sull’eutanasia. Che sono i grandi temi sociali e civili che interessano la comunità”. Così Alfonso Gianni, rappresentante del ‘Comitato per il No ai referendum sulla giustizia’, intervenuto al Tg Plus di Cusano Italia TV condotto da Aurora Vena.
Referendum giustizia, il Comitato del NO
Secondo Alfonso Gianni, già deputato e sottosegretario allo Sviluppo Economico nel secondo Governo Prodi, il referendum sulla riforma del Consiglio Superiore della Magistratura “è il quesito più inutile di quelli che vengono presentati. Praticamente si vuole abolire il fatto che un magistrato per essere eletto al Csm debba in partenza tra 25 e 50 firme di magistrati che lo sostengono. Ma perché togliere questa norma? Si pensa in questo modo di stroncare le correnti? Qualcuno pensa realmente, se le correnti sono così forti così potenti come vengono descritte, che si spaventano perché mancano le 25 firme a cui aggrapparsi? È una cosa che francamente fa un po’ sorridere.
Il problema delle correnti è un mal costume politico, di cui il nostro Paese è affetto in molti campi. Potrei dire mentre c’è la crisi dei partiti non c’è la crisi delle correnti, il che è indicativo. Questo dipende però dalla coscienza civile, professionale e politica, quella con la P maiuscola, non legata a questo o quel partito. Ma politica come interesse per il benessere comune o per le vicende che accadono nel mondo e nel nostro Paese.
Una raccolta di firme iniziale sia il minimo per fare capire che una candidatura ha una certa validità. Altrimenti abbiamo un’auto-moltiplicazione di candidature che creano più confusione che vantaggi. È più trasparente che si sappia quel candidato appartiene a quel mondo, ha quella visione del suo lavoro, della società. I magistrati sono cittadini in carne ed ossa. E votano.
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