Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna rilasciato a dicembre dopo ben 22 mesi di reclusione in Egitto, è attualmente in attesa di processo. Intervenuto al Wired Next Fest di Firenze, Zaki ha parlato dei motivi per i quali è stato carcerato e delle preoccupazioni riguardo al processo che lo aspetta.

Patrick Zaki: “Finito in tribunale per aver scritto un articolo sui copti”

Una reclusione di 22 mesi, dove nessuno aveva notizie di Patrick Zaki. A dicembre finalmente la libertà e, ora, lo studente egiziano è in attesa di processo. Durante il suo intervento a Firenze, Zaki ha parlato di come si è ritrovato in tribunale e della sua preoccupazione per l’udienza:

“Sto bene, il 21 giugno ci sarà la prossima udienza. Il procedimento è iniziato a settembre, mi sono trovato in tribunale per aver scritto un articolo sulla situazione della minoranza cristiana copta in Egitto. Ho parlato della minoranza religiosa, adesso rischio molto, perché la mia è una questione di libertà di parola. […] Sono davvero sorpreso di quello che è accaduto negli ultimi anni, di tutto il supporto che ho avuto, sono grato di far parte della grande famiglia italiana. Sono stato fortunato per aver studiato a Bologna perché ho sentito il supporto fin dal primo momento, l’ho sentito anche tramite i social. Bisogna fare molto di più perché c’è tanta sensibilizzazione ancora da fare. Ci sono ancora tante persone che sono detenute e dobbiamo parlare anche di loro” 

I social e la guerra in Ucraina: il pensiero di Zaki

I social hanno aiutato a sensibilizzare le persone e ad agire più in fretta per sbloccare la situazione di Patrick Zaki e, ora, si stanno dimostrando utili per la guerra in Ucraina, come afferma lo studente egiziano:

“I social hanno avuto un ruolo importante in questa situazione è stato anche possibile creare un gruppo di lavoro per sostenere la popolazione ucraina, per accoglierli. Ci sono tanti messaggi di supporto nei confronti delle donne a fronte di quanto, invece, era accaduto in passato, così possiamo sapere cosa succede. È una piattaforma fondamentale da questo punto di vista. Quello che penso è che tutto dovrebbe essere pubblicato in condizioni normali. Nel mio caso è stato detto che sono un terrorista perché condivido le mie opinioni. Tutti devono poter avere la possibilità di scrivere tutto ciò che pensano. I social media sono molto importanti per capire la realtà. Tutti oggi siamo esposti alla vita degli altri ci aiutano a capire e percepire la realtà, tutti siamo interessati direttamente” 

 

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