Per Enrico Letta il dossier sulla Sicilia serve a testare il peso reale del M5S in una regione dove il partito di Conte ha ancora una sua consistenza. In pratica una sorta di prova del budino in salsa isolana, per capire se avrebbe senso riproporre alle successive elezioni politiche l’alleanza con i 5 stelle. Un rischio calcolato, anche perché ormai anche i più ottimisti che frequentano il Nazareno vedono le consultazioni del ‘23 al massimo come la ricerca di ‘una sconfitta onorevole’.
In vista dell’autunno, restano certamente difficoltà che sembrano insormontabili. La prima si chiama Ucraina. La seconda Draghi. La posizione di Conte sulla guerra è ormai definita: si metterà di traverso a qualsiasi provvedimento che preveda nuovi sostegni militari all’Ucraina. La nuova ‘filosofia’ pacifista si incontra perfettamente con la voglia di dare una lezione al suo successore, quell’ex governatore della Bce, mai digerito dal fu avvocato del popolo.
Il Pd potrà assistere silente a questa annunciata resa dei conti? Soprattutto potrà farlo l’attuale inquilino del ministero della difesa Lorenzo Guerini? Il tutto per guadagnare qualche seggio in Sicilia, sfruttando le difficoltà del centro destra con il governatore Musumeci?
È anche per questi motivi che le chat dem hanno ripreso a bollire dopo l’incontro Conte- Letta.
C’è anche un risvolto tutto interno ai dem nellla riproposizione delle nozze con il M5S.
Riguarda le decine di parlamentari di Base Riformista che aspirano ad un collegio nella primavera del ‘23. “Molti di noi verranno fatti fuori da Conte- teme un deputato- che dirà che i loro elettori non potrebbero sostenerli. E Letta mica aprirà le porte del proporzionale per farci eleggere’.