È un report amaro quello fornito da Save the Children che evidenzia la situazione dei minori in Italia a rischio povertà assoluta. Secondo i dati esposti durante un convegno a Roma, presso l’Acquario Romano, circa il 14,2% degli under 17 si trova in tale stato.
Un ulteriore dato che acuisce la gravità del problema, riguarda la forbice ampia tra le varie generazioni. La povertà assoluta interessa infatti appena il 9,1% della popolazione tra i 35 e i 64 anni, mentre diminuisce al 5,3% tra gli over 65.
Tradotto in parole più semplici, ogni bambino ha all’incirca tre volte le possibilità di diventare povero rispetto a coloro che si apprestano ad entrare nella terza età. Un dato disarmante perché naturalmente sono proprio i minori a rappresentare la speranza di un futuro migliore in Italia e non solo.
"Siamo qui oggi perché vogliamo costruire il futuro dei bambini. Ora. Solo cambiando il presente possiamo incidere sul loro futuro".@claudiotesauro, presidente di #savethechildrenitalia apre i lavori sul palco di #ImPossibile. pic.twitter.com/iUVmgWrJMm
— Save the Children IT (@SaveChildrenIT) May 19, 2022
Povertà assoluta dei minori in Italia: le parole del presidente di Save the Children
Il presidente Claudio Tesauro durante il convegno IMPOSSIBILE 2022 ci ha tenuto a chiarire la posizione di Save the Children sul tema legato ai minori. Queste le sue parole:
“Siamo qui oggi perché vogliamo costruire il futuro dei bambini. Ora. Solo cambiando il presente possiamo incidere sul loro futuro, In queste giornate vi racconteremo come noi vogliamo continuare a investire sui territori, affinché ogni bambino da nord a sud, anche nei territori più difficili possa avere le stesse opportunità di sviluppare le proprie potenzialità”
Ricordiamo che un ulteriore aspetto che aggrava il report fornito da Save the Children riguarda il grado di istruzione. L’Italia “vanta” la dispersione scolastica tra le più alte d’Europa: in questo senso si intende dire che circa il 45% dei ragazzi non raggiunge il livello minimo delle competenze a 15 anni e dopo la pandemia questo dato è ancora più basso.
Questa situazione degenera nella formazione dei cosiddetti Neet, ossia i ragazzi non impegnati né sul lavoro né nello studio.