La società energetica Eni ha fatto sapere di aver avviato le procedure per aprire due conti separati presso la banca di stato russa Gazprombank, uno in euro e uno in rubli. Il fatto è importante (e già paventato in passato prima dell’ufficialità di martedì) poiché riprende il tema politico delle sanzioni inflitte alla Russia da parte dell’Ue.

In questo modo Eni si adegua a quelle che sono le richieste di Mosca, ossia il pagamento tramite doppio sistema. Una scelta quasi obbligata con le scadenze dei pagamenti delle forniture di gas ormai prossime e la poca chiarezza da parte dell’Europa su cosa sia da considerarsi violazione e cosa no. La strada intrapresa dal principale polo energetico italiano fa intuire quale sarà il probabile compromesso a cui si giungerà.

Eni apre il conto “K” in rubli, deadline in arrivo

Tutte le società energetiche dei “Paesi ostili”, tra cui l’italiana Eni, si trovano pertanto a fronteggiare una situazione più tattica che pratica. Manca quindi una risposta univoca allo stratagemma di Vladimir Putin, il quale a fine marzo costrinse Gazprombank (non colpita dalle sanzioni) a convertire il denaro ricevuto in euro o dollari in rubli. Ed è qui che entra in gioco il secondo conto che Eni ha appena aperto, poiché su di esso Gazprombank effettua la transazione prima di trasferirlo internamente.

In sintesi, per l’Ue il pagamento si considera concluso una volta completato il pagamento sul conto in euro, per il Cremlino, invece, quando è avvenuto il passaggio alla valuta locale, cioè il rublo.

L’Europa spaccata sulla “zona grigia” per pagare il gas russo

A completare il quadro ci pensano le dichiarazioni contrastanti riguardo l’apertura del conto in rubli da parte di Eni. Il vicepresidente della Commissione Ue Timmermans è stato abbastanza chiaro sulla vicenda:

Pagare in rubli significa violare le sanzioni. Ed è una violazione anche dei contratti stipulati che prevedono in quale valuta pagare. E i contratti indicano euro o dollari, mai rubli“.

Ma il commissario dell’Economia Ue, Paolo Gentiloni, difende la scelta di Eni:

Sappiamo che la quasi totalità dei contratti delle compagnie europee sono denominati in euro o dollari. I pagamenti delle compagnie europee avvengono secondo questi contratti e avvengono in euro e in dollari e questo non costituisce una violazione delle sanzioni“.