Franco Battiato, ricordato e raccontato da Nord a Sud, è una personalità della musica talmente oltre che imbattersi nel racconto può essere impegnativo, una responsabilità non da poco. Ne abbiamo parlato a Cosa Succede in Città, su Radio Cusano Campus, con Mario Lavezzi, compositore. “Ho conosciuto Franco negli anni ’70 e ho sempre provato grande ammirazione. E’ stato un grande sperimentatore, lo ammiravo già allora. E’ stato attraversato dalla musica, sperimentale e classica, riuscendo ad andare in profondità – ha osservato Mario Lavezzi – non ha lasciato nulla di intentato del suo percorso artistico, incluse le collaborazioni. Io non ho avuto la fortuna di collaborare con lui, ma per un fatto casuale.”

Franco Battiato: che persona era?

Franco Battiato, non solo cantautore, ma fine intellettuale, non credeva nella morte, ha sempre creduto nella trasformazione. Il suo obiettivo era unire la cultura e l’arte, cose che la propaganda divideva, arguto difensore dell’intelligenza dell’uomo, “era una persona mite, intelligente, profonda, uno di quelli che non se la tira come la maggior parte di noi. Era oltre – ha aggiunto Lavezzi – la sua non era soltanto una cultura musicale, ma generale. E’ un uomo che ha studiato, come De Andrè e Jannacci, ha trasferito tutto il suo sapere nella musica raggiungendo livelli molto alti.”

Vecchi e nuovi artisti

Molto è cambiato nel tempo. Qual è la differenza tra i vecchi cantautori e i giovani? L’industria culturale, oggi, macina artisti e non richiede più una certa qualità nella preparazione. I cantanti, i musicisti, anche se di talento, si propongono senza resistere al tempo: il successo dura poco e vengono immediatamente rimpiazzati. “Per questo voglio parlare ai giovani, a chi grazie ai talent ottiene una buona visibilità: studiate! Mi dispiace fare di tutta un’erba un fascio: Mahmood, Ultimo, Diodato, sono alcuni giovani che fanno la differenza – si è congedato Lavezzi – ci sono talenti meritevoli, ma sono mosche bianche!”