Rischiano l’estinzione, ma non a causa di un meteorite. Sono i medici del pronto soccorso, categoria professionale che potrebbe davvero sparire. Non tanto perché non trovano lavoro, anzi, bensì perché i camici bianchi del pronto soccorso preferiscono dimettersi.
L’emorragia del Pronto Soccorso
Sono già ben 600 i medici dei reparti d’urgenza che, dal 1° gennaio scorso ad oggi, hanno metaforicamente appeso lo stetoscopio al chiodo. Ne mancano oggi quasi 5mila. I pochi candidati che si presentano ai concorsi talvolta sono tanto coraggiosi quanto impreparati. Perché non mancano i concorsi per l’assunzione, semplicemente vanno deserti: la settimana scorsa all’ospedale Cardarelli di Napoli (dopo le dimissioni di 25 medici ad inizio mese) erano stati messi a bando sei posti da dirigente medico nella Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza. Una sola domanda, ritenuta non ammissibile. Il deserto.
L’allarme Simeu
Nei reparti di medicina d’urgenza, denunciano le associazioni di categoria, i 4-5 turni di notte su base mensile si raddoppiano. Anzi, secondo la Simeu, Società Italiana della medicina di emergenza-urgenza, a presentare le dimissioni sarebbero mediamente cento camici bianchi al mese. A ciò si aggiunge anche il carico di lavoro causato dai reparti ospedalieri che vedono colmi fino all’orlo i pochi posti letto a disposizione, con pazienti che giacciono in barelle di fortuna nei corridoi e che costringono i pronto soccorso a “badare” a loro per un tempo prolungato, al posto dei colleghi nei reparti stessi. Secondo la statistica riportata dal Corriere, l’Italia ha in media 3,1 posti letto ogni mille abitanti. Più di Spagna, Irlanda e Svezia, fanalino di coda con solo 2 posti letto ogni 1.000 abitanti. Ma il nostro Paese ne ha comunque molti, molti meno rispetto alla media Ue di 5,3 e al virtuosismo della Germania che arriva quasi a 8.
La pandemia da coronavirus aveva messo una pezza sulla mancanza di medici, riportando in corsia accanto agli specializzandi anche i medici già in pensione. Ma finita l’emergenza, sembra calare l’attenzione anche sul comparto medico italiano.