Dal cobalto al litio, passando per piombo e zinco. Poi naturalmente petrolio, gas e carbone. Ma anche cereali, latte, uova e zucchero. Anche il gelato sarà più salato quest’anno a causa del perdurare del conflitto in Ucraina e del rincaro sui prezzi delle materie prime. Dopo decenni di disinteresse il problema dell’approvvigionamento di questi beni è tornato centrale. Sul fronte economico preoccupa l’inflazione ma anche l’alto rischio di fornitura.
Le materie prime e la volatilità del mercato
Il mercato delle materie prime è da sempre caratterizzato da un’elevata volatilità per cui sono responsabili diversi fattori. L’offerta e la domanda di una commodity, i movimenti delle valute, la situazione geopolitica, le politiche governative e la crescita economica. Ma anche la posizione geologica e i costi di trasporto. Ad esempio, le petroliere durante i periodi di eccesso di offerta raddoppiano le strutture di stoccaggio.
Alcuni di questi fattori, come le politiche del governo, possono essere prevedibili. Su altri, come l’influenza di Madre Natura, è difficile fare previsioni. Un trading ad alto rischio insomma. Per questo quando si parla di materie prime è importante utilizzare strategie di gestione del rischio e scegliere fornitori affidabili.
Per affrontare i pericoli lungo le supply chain delle materie prime critiche per l’industria militare e le tecnologie rinnovabili, gli Stati Uniti hanno iniziato a guardare con grande interesse a nuove partnership con i Paesi tradizionalmente alleati, tra cui Australia, Canada e Gran Bretagna. In Europa invece, il conflitto ucraino e il contesto di crescente competizione tra grandi potenze, hanno catalizzato una rinnovata attenzione sulle dipendenze da paesi autoritari.
Per questo sembra sempre più urgente la necessità di riscrivere la geografia della globalizzazione, attraverso un approccio che premi affidabilità, trasparenza, standard condivisi e obiettivi politico-sociali concordati.
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