A seguito degli scontri in occasione del funerale della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh, l’Onu ha richiesto un’indagine immediata, approfondita, trasparente e imparziale dell’omicidio, avvenuto mercoledì. Lo si apprende dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michel Bachelet.
Inoltre, Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite all’unanimità “condanna fermamente l’uccisione della giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh e il ferimento di un altro giornalista nella città di Jenin in Cisgiordania“.
We are appalled at the killing of journalist #ShireenAbuAkleh while covering an Israeli military operation in Jenin, #Palestine.
Our Office is on the ground verifying the facts.
We urge an independent, transparent investigation into her killing. Impunity must end. pic.twitter.com/EnAYvgHDpv
— UN Human Rights (@UNHumanRights) May 11, 2022
Omicidio Abu Akleh, nuove tensioni al funerale
Nella giornata di ieri si sono celebrati i funerali della donna 51enne nella Chiesa di Sant’Andrea nella Città Vecchia di Gerusalemme. Ancora una volta, però, non sono mancate tensioni che hanno portato a scontri tra le forze di polizia israeliane e civili palestinesi.
I media palestinesi raccontano che, mentre la bara della giornalista veniva trasportata dall’ospedale alla chiesa, la polizia israeliana avrebbe caricato e colpito ripetutamente i presenti, tra cui anche coloro che reggevano il feretro. Israele non nega l’accaduto ma sostiene che siano stati i manifestanti a “provocare” per primi:
“Centinaia di manifestanti hanno disturbato l’ordine pubblico lanciando pietre e intonando canti nazionalistici, obbligando gli agenti a intervenire“.
Il corpo di Abu Akleh ha poi raggiunto il Monte Zion, accompagnato dalla numerosa folla,dove si è svolta la sepoltura.
Proseguono intanto le accuse reciproche tra Israele e Palestina
Intanto, non si placa anche lo scontro diplomatico tra le due fazioni. Le autorità israeliane e quelle palestinesi si incolpano a vicenda, sostenendo che a sparare sia stato il nemico. Una testimonianza chiave è quella del collega di Abu Akleh, Ali Samoudi, attualmente ricoverato per lievi ferite. La stessa Al Jazeera ha definito l’accaduto “un palese omicidio, un crimine efferato, che intende solo impedire ai media di svolgere il proprio dovere“.
Israele sin da subito ha dichiarato di essere disponibile ad aprire un’indagine congiunta, anche per esaminare il proiettile divenuto poi fatale. Le autorità palestinesi rifiutano tale ipotesi e annunciano di portare il caso alla Corte penale internazionale. Un rifiuto che per Israele è il principale indizio di colpevolezza.